L'estinzione di una società coinvolge inevitabilmente una serie di rapporti che l'impresa collettiva ha creato nel corso della sua esistenza e che, con la sua liquidazione, sono destinati a concludersi. Accade di frequente che, nonostante l'intervenuta cancellazione di una società dal registro delle imprese, alcuni di questi rapporti non sono ancora definiti e pertanto l'estinta lascia dietro di sé una serie di creditori insoddisfatti e, in alcuni casi, anche delle controversie giudiziali ancora pendenti. Le ripercussioni che tale fenomeno produce su queste situazioni rimaste indefinite giustifica l'ampio dibattito che si è sviluppato intorno alla questione degli effetti giuridici della cancellazione di una società dal registro delle imprese, sulla quale è infine intervenuta la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con tre sentenze (nn. 4060/2010, 4061/2010 e 4062/2010) che hanno fatto chiarezza sul punto, affermando un principio generale che rende omogenea la disciplina in materia. La Suprema Corte ha infatti affermato a chiare lettere che, a seguito della cancellazione, la società si estingue in maniera irreversibile e perde ogni capacità e legittimazione, anche processuale, nonostante la presenza di crediti insoddisfatti, rapporti di altro tipo non definiti ed eventuali giudizi pendenti. Risulta così superata la tesi che riconduceva l'estinzione della società soltanto alla effettiva definizione di tutti i rapporti giuridici in sospeso. Con la riforma del diritto societario è stata infatti introdotta una modifica al codice civile con la quale, per le società di capitali, si è precisato che l'estinzione della società "resta ferma" dopo la sua cancellazione, anche se i creditori dell'estinta possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci. La Cassazione ha ritenuto di poter estendere tale effetto estintivo anche alla cancellazione delle società commerciali di persone, in favore di un identico trattamento di tutti i creditori delle imprese individuali e collettive.