Quando il graphic design ti salva la vita

Il ruolo di informazione sociale della comunicazione visiva nei contesti emergenziali

10.08.19 , Design , Collaboratore Riflesso

 

Quando il graphic design ti salva la vita

In caso di emergenza i sensi si attivano: una scarica di adrenalina percorre il corpo e lo sguardo si muove alla ricerca di vie di fuga, ripari, luoghi sicuri da raggiungere in fretta per assicurare la propria incolumità. La multisensorialità della percezione si “specializza” sulla visione e la decodificazione dei messaggi visivi diviene essenziale per salvarsi. La mente cerca di attingere ai corretti codici comportamentali assimilati, ma le informazioni grafiche disponibili al momento sono decisive: soprattutto, è decisiva la loro immediata comprensione. Che, in condizioni di emergenza, può dipendere da diversi fattori: da quelli legati al bagaglio di esperienze individuali pregresse a quelli connaturati al medium attraverso cui la comunicazione viene espressa fino a quelli dipendenti dalle caratteristiche ambientali del contesto in cui l’informazione è diffusa. Non sono rari nella storia i casi in cui una errata interpretazione dei messaggi visivi è alla base della portata catastrofica di eventi che sarebbero altrimenti stati maggiormente controllabili se non addirittura evitati: basti pensare al grave incidente nucleare avvenuto nella centrale statunitense di Three Mile Island nel 1979, provocato da un “banale” fraintendimento durante la lettura della strumentazione tecnica di controllo dell’impianto.

Appare perciò quanto mai determinante un interrogativo: se e come “la grafica può salvarci la vita”? Interrogativo eletto a titolo (e oggetto) di una mostra svoltasi recentemente presso la Wellcome Collection di Londra, in cui circa duecento artefatti visivi, selezionati dai curatori Lucienne Roberts, Shamita Sharmacharja e Rebecca Wright, offrono uno spaccato sul ruolo del graphic design nella comunicazione e nella divulgazione dei messaggi di natura medica e sanitaria in situazioni emergenziali. Manifesti pubblicitari, campagne di informazione e sensibilizzazione contro fumo e AIDS, francobolli celebrativi, infografiche volte a orientare gli utenti di ospedali o servizi sanitari, opuscoli informativi, sistemi segnaletici adottati in ambito sanitario, opere di street art incentrate sull’emergenza causata dal virus Ebola nonché sull’incentivazione di comportamenti sociali responsabili orientano il visitatore nella comunicazione medico-sanitaria, componendo un mosaico linguistico variegato quanto efficace. L’esposizione estende poi il proprio ambito di azione alla grafica dei prodotti farmaceutici, altro punto di contatto tra comunicazione visiva e salute, costantemente in bilico tra interesse commerciale e comprensibilità dell’informazione.

La mostra londinese ribadisce con forza il ruolo sociale della comunicazione visiva: temi quali l’universalità del messaggio grafico, la pretesa oggettività nell’elaborazione delle immagini, la “politicizzazione” dell’informazione sono in questo ambito centrali. Si ripresenta così con potente attualità uno degli obiettivi prioritari del linguaggio universale ISOTYPE, ideato nel 1935 in maniera sinergica dal teorico Otto Neurath con la matematica Marie Reidemeister e sapientemente “messo in forma” dal graphic designer tedesco Gerd Arntz: la diffusa informazione sociale. Uno dei più celebri diagrammi statistici elaborati dalla Scuola Viennese fondata da Neurath (esemplificati nella sezione storica della mostra dalla campagna sui rischi della lebbra, realizzata negli anni cinquanta per Sierra Leone, Nigeria e Ghana), informa i cittadini su come evitare il contagio da TBC; e non è un caso se nel percorso evolutivo della comunicazione visiva (e dell’infografica nello specifico) molte rappresentazioni epocali hanno avuto a oggetto temi di carattere medico-sanitario emergenziale. Ad esempio John Snow, epidemiologo, ricorre nel 1854 a una mappa urbana di Londra per evidenziare le modalità di diffusione del colera nella città e individuarne con esattezza la causa; così come nel 1857 l’infermiera britannica Florence Nightingale reclama l’attenzione della regina Vittoria sulle estreme condizioni igieniche degli ospedali militari attraverso un inequivocabile diagramma polare (anch’esso esposto in mostra); e nel 1861 l’ingegnere Charles Joseph Minard concepisce un resoconto delle perdite umane nella guerra di Crimea elaborando il formidabile “diagramma seminale”, capostipite dell’infografica contemporanea.

Oggi la grafica impiega nuovi strumenti e batte percorsi sperimentali, ma molti obiettivi non sono mutati: identificare, informare, orientare. E, anche materialmente, salvare: ad esempio, lo studio brasiliano NBS ha realizzato nel 2016 un cartello pubblicitario killer, che non solo informa, ma allo stesso tempo “agisce” uccidendo le zanzare responsabili della trasmissione del virus Zika. Grafica ed emergenza costituiscono da sempre un binomio inscindibile, talora con esiti fallimentari ma in molti casi di ineguagliabile successo. E proprio laddove la competenza del graphic designer riesce a raggiungere anche il più povero, dimenticato e mortificato individuo, la grafica può veramente salvarci la vita.

Valeria Menchetelli

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