Moschino porta il culto dell’acquisto in passerella

25.02.19 , Moda , Giulia Ratti

 

Moschino porta il culto dell’acquisto in passerella

La collezione Autunno Inverno 2019/2020 portata in scena alla fashion week di Milano, da Jeremy Scott, direttore creativo del brand Moschino, ha come tema il culto dell’ acquisto e in particolare il mondo dei giochi jackpot e quiz televisivi che hanno avuto il loro acume di popolarità durante gli anni 80.

La location si è trasformata così in un luogo dall’allure pop, le modelle avevano acconciature cotonate e vestivano colori sgargianti, il valore massimo che spicca sull’oggettistica generale sembra proprio essere rappresentato dalla moneta.

I soldi diventano così espressione visiva di un potere, quello dell’ acquisto che può vedersi realizzato in qualasiasi oggetto da quelli per la casa alle automobili, che durante il defilè vengono pubblicizzati in modo ingente e quasi insistente dalle indossatrici facendosi partecipi a loro volta di una vendita e ostentazione compulsiva degli oggetti più disparati.

Jeremy Scott, si affida al formato TV per promuovere un ideale ma anche un tributo ad un’estetica che si dimostra decisamente più vicina all’ideale di bellezza e realizzazione del canone americano rispetto a quello italiano.

La sfilata non è solamente espressione di un ideale estetico, ma ha un significato più profondo; si rende protagonista dell’esposizione della cultura del cosumismo, della massificazione e dell’ostentazione che oggi più che mai si rispecchia nella società moderna chiarificando come il denaro sia ancora il simbolo del capitalsimo.

Il fatto che alcune modelle siano dentro a delle vetrine, mostra anche come il desiderio stesso di ottenere o acquistare un prodotto sia mosso principalmente da come esso ci viene mostrato; appare agli occhi dell’ interessato più cruciale come l’oggetto viene mostrato, pubblicizzato e idealizzato che il possesso dell’oggetto stesso.

L’ideale di potere con il quale viene visto l’oggetto, viene assemblato assieme ad un’ estetica che ne rafforza le parti, ma anche il valore.

Jeremy Scott risulta geniale nel presentare un fenomeno culturale che cela le sue radici più profonde in un passato non troppo lontano in modo giocoso, scherzoso e divertente ma anche molto significativo.

I look sono molto vistosi, colorati e le stampe sono una vera e propria rievocazione dell’ immaginario non solo del piccolo schermo ma anche dello spettatore che si cela dietro di esso.

Le modelle infatti interpretano un ruolo, quello di donne bellissime, con pettinature rifinite e tendenti all’eccentrico, con il fine di affidare il tempo della loro giornata all’unica cosa in grado di riempirlo; i quiz e i giochi televisivi.

La donna Moschino viene mostrata quindi, curiosa, esagerata ma anche lievemente arrogante.

La sua immagine è perfettamente associabile all’ ideale del benessere esteriore, che si adagia ad un comportamento volto ad una routine ripetitiva, noiosa e fatta prevalentmente di nullafacenza.

Nella sfilata la mostra del target client è l’epicentro, per capire la filosofia che si cela dietro allo show; l’ossessione di Scott riguardo l’ideale di donna bambola, riesce così a trovare espressione nell’era 80’s attraverso colori accesi e sfrenati.

Nella sfilata anche l’ambientazione, che trova la sua identificazione nella casa, si fa esponente dell’immaginario di Jeremy Scott, poichè in questa circostanza nella casa la donna non è più simbolo di espressione di un rito familiare volto alla collettività e alla preparazione, ma diventa invece simbolo di individualismo e confronto con la massa attraverso il piccolo schrrmo; volto però solamente alla realizzazione e al miglioramento della propria persona.

Estremamente profondo e scenografico come un ideale di benessere possa anche diventare simbolo di un egoismo sfrenato.

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