Smart Fashion/ Pills

Venerdì, 13 Maggio 2016,
Moda,
IRIS VAN HERPEN: MODA O ARTE? - di Carolina Valaguzza Parlando di fashion intelligente, non si può non citare Iris Van Harpen, stilista di origini tedesche che ha rivoluzionato completamente il concetto di fashion. La Herpen si avvicina al mondo della moda partendo dalla sua passione per la danza classica. Si diploma in Fashion Design all’ ArtEZ e nel 2007 crea il suo marchio. Definire il suo stile “smart” è riduttivo: la sua filosofia (e non esiste aggettivo più corretto) è visionaria. Il design incontra la moda, che incontra l’arte, che incontra la tecnologia e tutte queste componenti danno vita alla Wearable Technology. Ogni sua creazione richiede un trattamento dei materiali studiato ad hoc o la creazione di un materiale totalmente nuovo. Per questo motivo Van Herpen collabora spesso con artisti o scienziati, promuovendo la contaminazione interdisciplinare (ancora una volta, smart!). “In all my work I try to make clear that fashion is an artistic expression, showing and wearing art, and not just a functional and devoid of content or commercial tool.” Possiamo dunque affermare che questa donna incarna perfettamente i principi dello smart fashion. Per lei la crescita sta nel ricercare costantemente nuove forme di arte e di espressione della emotività femminile. Le sue creazioni hanno l’obiettivo di ispirare non solo chi le guarda ma anche chi le fabbrica. le regole “normali” non si applicano - sostiene - ma ogni collezione diviene pretesto di ricerca. Il futuro dello smart fashion non è necessariamente la fusione della tecnologia con ciò che indossiamo; è la contaminazione dei campi sia della scienza sia dell’arte per generare un concetto di bellezza assolutamente contemporaneo. POLIESTERE IS THE NEW ECO “Poliestere” è una parola che abbiamo sentito dire tante volte, spesso in contesti negativi. Viene associata a cheap, abiti dismessi e a basso costo comprati nei grandi magazzini. Ma la verità su questo tessuto è tutt’altra. Infatti, se n’è fatta di strada da quando nel 1951 l’azienda chimica americana Du Pont ha messo in vendita i primi prototipi di tute realizzate con questo materiale. Il progresso tecnologico ha portato il poliestere ad essere uno dei materiali ecosostenibilmente migliori per creare capi d’abbigliamento. Facciamo un passo indietro e cerchiamo di definire in cosa consiste esattamente questo tipo di tessuto. I poliesteri sono una categoria di polimeri costituiti da unità ripetitive tenute insieme da legami chimici di tipo estere. In base ai monomeri inseriti in queste catene polimeriche, si ottengono svariate tipologie di poliesteri con diverse caratteristiche e applicazioni d'uso. Detto in parole più semplici si può affermare senza fatica che i nostri vestiti sono fatti di plastica. Il polietilene tereftato o PET è quel materiale, derivato dal petrolio greggio, che viene usato per fare le bottigliette di plastica da cui ogni giorno beviamo acqua. Il PET viene sciolto e assume una consistenza viscosa, dopo di che viene pressato e passato attraverso una filiera per ottenere lunghi filamenti che vanno a creare il tessuto. Cos’ha a che fare tutto questo con lo smart fashion? La risposta è semplice. Ecologicamente parlando il poliestere è per certi aspetti addirittura migliore del cotone tradizionale: infatti, uno studio della Commissione Europea ha dimostrato che a causa delle quantità di pesticidi tossici e fertilizzanti usati durante la coltivazione del cotone, l’impatto che ha questa fibra naturale sull’ambiente è maggiore rispetto al poliestere. Per quanto riguarda il poliestere invece le sostante chimiche impiegate nella produzione non vengono rilasciate nell’ambiente e può essere ottenuto da vecchie bottiglie di plastica, permettendo la trasformazione di rifiuti in abbigliamento. Il progresso tecnologico ha fatto in modo inoltre di migliorarne la consistenza per renderla piacevole al tatto, la lucentezza e il drappeggio, tanto che ormai il poliestere non ha niente da invidiare ai tessuti tradizionali. CAMBIAMO IN MEGLIO! - di Matteo Iaboni La moda “etica” è una delle chiavi per il rilancio del “Made in Italy” simbolo di qualità e di ricerca nel mondo dell’imprenditoria intelligente. Ecco per esempio come pensa e agisce Cangiari (in dialetto calabrese “cambiare”), il primo marchio di moda eco-etica di fascia alta in Italia. Cangiari attinge a piene mani dalla tradizione della tessitura calabrese, personalizza tutti i suoi capi e sceglie tessuti ecosostenibili. Ma la sua autentica innovazione è quella di cambiare culturalmente il territorio e di fornire risposte concrete - recuperando mestieri e dando occupazione. Come loro sostengono, un marchio etico deve essere innanzitutto efficace e non accontentarsi di essere giusto. Etico è un marchio che genera un processo osmotico di interscambio di idee e conoscenze con tutto ciò che lo circonda. Tale apertura è fondamentale per il suo allineamento con bellezza e varietà proprie del fashion field. Altro esempio di moda etica è costituito da Socially Made in Italy, un marchio che si definisce come “una comunità tra etica, fashion e diritti umani”. Nasce nel 2015 e opera per unire territori apparentemente lontani come quello del lavoro e quello delle carceri femminili. E’ una sorta di distretto produttivo tra le cooperative sociali e i marchi di alta moda. Socially Made in Italy si occupa di ridare dignità alle donne rinchiuse nelle carceri attraverso la produzione di borse e gadget. L’azienda collabora anche con associazioni e fondazioni che offrono le “borse di lavoro” per le lavoratrici. Un ciclo produttivo e riabilitativo fatto di connessioni intelligenti fra imprese e donne alla ricerca di una seconda possibilità. gli studenti IED – Istituto Europeo di Design di Milano (testo di Carolina Valaguzza, direzione grafica di Michela Russo e Alberta Chiminelli)

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