Federico Garibaldi e la capacità di ricostruire sensazioni attraverso uno scatto

Mercoledì, 13 Luglio 2016,
Spinto da un amore innato verso il mondo della fotografia – che inizialmente era ancora sopito, ma per certi versi apparteneva già al suo patrimonio genetico – Federico Garibaldi riesce a trasmettere emozioni con il suo stile inconfondibile, emotivo e narrativo. Una continua ricerca fatta di speculazioni attraverso un percorso immaginifico che dal tattile si trasforma in onirico, sublimando l’essenza dell’esprimere le proprie emozioni e del raccontarsi in modo artistico e criptico. Federico Garibaldi, il suo percorso professionale nasce come art director in numerosi brand commerciali, in cosa consisteva la sua attività?  “Era una normale attività di art direction. Immaginavo un progetto, e cercavo di dargli vita. Prima su carta, poi nel mondo. La normale traduzione in essere di un’idea, attraversando la scelta degli interpreti e dei mezzi espressivi. Presupponeva indagine interiore e alta capacità di dialogo con chi era coinvolto nel progetto”. Poi avviene il passaggio nel mondo della moda e dei magazine. Di cosa si è occupato nello specifico?  “Non è stato uno stravolgimento. È stata semmai la maturazione del mio desiderio di raccontare. L’art direction di un magazine richiede un atteggiamento profondamente progettuale. Si sceglie un tema, e se ne ipotizzano gli interpreti migliori. Poi si dialoga con tutti loro, e si sceglie di raccontare i capitoli di una storia. Sinteticamente, funziona così”. L’amore per la fotografia quando nasce e oggi come si profila?  “L’amore per la fotografia credo sia nato molto presto. Ma in modo inconsapevole. Da bambino guardavo mio nonno montare i film-(ini) delle vacanze. Lo faceva in modo fisico, tagliando e reincollando la pellicola. Era artigianale. Ma estremamente interessante. Poi c’erano i momenti un po’ sacrali della proiezione di quelle immagini. Le guardavamo tutti insieme, famiglia numerosa, rivivendo le domeniche sul fiume. Mi restavano addosso le sensazioni quasi fisiche di quei week-end ricostruiti con tanta pazienza. Quando, tanti anni dopo, ho preso in mano di nuovo una macchina fotografica, è stato come se riannodassi i fili di un meccanismo antico. Sopito, ma troppo intimo per essere dimenticato. Avevo nozioni imprecise, ma sufficienti per speculare con le immagini. È stato bello. Oggi mi ricordo esattamente di quei vagheggiamenti, che ricostruivano i ricordi e gli davano una dignità onirica e bellissima. Così, la mia fotografia cerca esattamente questo. Ricostruire delle sensazioni”. Se dovesse descrivere il suo stile fotografico, quali attributi utilizzerebbe? “Direi che è immaginifico, emotivo e narrativo. Poi aggiungerei che è impreciso, onirico e tattile”. Dopo un lungo percorso tra arte, moda e fotografia, oggi le sue emozioni in quale direzioni vanno? “Le emozioni non hanno un percorso razionale. Pretendono solo di esprimersi. Definire quello che faccio mi risulta difficile. La fotografia è certamente uno strumento che sento molto idoneo a me stesso. Non so dire se mi sento più vicino, o comunque più attratto, dalla moda o dall’arte. Mi sento attratto dal desiderio di raccontare, magari di pasticciare ciò che mi preme dire. Ho citato già in altra sede le parole di chi l’ha detto meglio di me, Mario Giacomelli,  forse “non voglio farmi capire per esser meglio capito”. Dopo aver viaggiato molto in giro per il mondo, quale esperienza ricorda con maggiore enfasi?  “Un giorno ero a Malacca, un posto bellissimo della Malesia. Uscivo da un antico tempio buddista. Vidi un uomo, cieco. E mi interrogavo, se fosse etico o eccessivamente cinico fargli un ritratto. Lui era cieco. Ma il suo viso era struggente e profondo. Lui mi guardò fisso negli occhi. Tuttora mi chiedo come potesse. Poi semplicemente mi disse, in inglese: ‘Fotografami, mi fa piacere’. Fu struggente e facile cogliere l’essenza di quel magnifico, vecchio volto”. Per il prossimo futuro, quali progetti ha in cantiere?  “Diversi. La presentazione di un libro che racconta la carriera e la vita di un grande amico e grande creativo, Lucio Costa. Una mostra assai affascinante in Messico, il prossimo ottobre. E poi un viaggio nello spazio. Continuo a pensarci”.

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