Il design è un pensiero complesso

Giovedì, 24 Marzo 2016,
Prof. Carlo Forcolini, in qualità di direttore Scientifico IED e stimato designer, vorremmo avere il suo pensiero in merito al fatto che soprattutto attraverso il design la cultura ha contaminato l’industria e l’industria a sua volta ha contagiato la cultura.  “Dobbiamo fare una prima riflessione di senso: tutto ciò che l’uomo fa è cultura, e dunque anche il design lo è. Poi si deve uscire dalla convenzione storica che il design sia frutto della sola modernità, perché la storia del design ha avuto un lungo periodo d’incubazione che è iniziato agli albori dell’umanità, fin dal primo pezzo di legno usato come clava. Con la Rivoluzione Industriale nasce quello che oggi chiamiamo Design, rivolto a soddisfare i bisogni della nuova classe media e operaia. Il design è dunque parte della cultura democratica della modernità, che non è il solo lusso come in genere si pensa oggi”. Come pensa si possa intendere oggi il ruolo di istituzioni e università nella nuova progettazione intesa in senso sociale, ma anche ecosostenibile e quindi non solo destinata alla produzione di oggetti? “In passato, in Italia, si faceva la differenza tra cultura alta e bassa ed il design era relegato a quest'ultima. Lo IED, unendo le esperienze della Bauhaus, della scuola di Ulm, filtrate dall’esperienza americana, ha operato un’ibridazione, unendo il design al marketing. Questo approccio pragmatico è importante perché inclusivo dei grandi temi di oggi, tra i quali quelli legati all’ecosostenibilità. Oggi non si può pensare di progettare senza tener conto di questo tema. Mi fa molto piacere constatare che tali criteri siano assimilati come “naturali” dalle nuove generazioni. Purtroppo però, il vero cambiamento viene dalla politica, che spesso latita, un po’ per ignoranza e un po’ perché il mondo è governato più dalle grandi lobby speculative-finanziarie sovranazionali che dai singoli governi nazionali”. L’idea del premio Compasso d’Oro nasce dalla volontà di coniugare tecnica, estetica e funzione degli oggetti. Se dovesse sceglierne uno, a quale oggetto lei darebbe il suo premio? “Qualsiasi premio ha un rovescio della medaglia costituito dalle sue lacune, detto questo, il Compasso d’Oro ha un livello molto alto e davvero rappresentativo del design italiano. Se dovessi scegliere un oggetto premiato con il CdO direi la Pesciera di Roberto Sambonet, ugualmente sceglierei la sedia Selene di Vico Magistretti tra quelli non premiati”.  Quanto si è liberi di progettare oggi? Ci sono aree o contesti che permettono maggiori libertà? “La libertà nel design non viene prodotta dall'esterno ma dall'interno. Siamo liberi di progettare ciò che vogliamo, avendo però, l’industria come interlocutore. E qui non sempre troviamo personaggi competenti in grado di riconoscere la qualità. Abbondano, al contrario, personaggi che, per non rischiare, si affidano alla comunicazione e alle sue distorsioni. La bellezza per esistere deve essere riconosciuta! E la mediocrità non aiuta”. Che ruolo ha il limite nella sua progettazione? “Nella mia vita sono sempre sfuggito alla specializzazione che ritengo essere nel design un limite. La mia libertà è sempre stata quella di non accettare compromessi, progettavo sempre cose che casualmente non erano nei brief dei miei clienti, ma poi entravano lo stesso in produzione. Questo era possibile allora, quando c'erano nelle aziende persone (quasi sempre i titolari) che riuscivano a comprendere la qualità”. Quali sono gli oggetti che la accompagnano in tutti i giorni. Ci puoi fare qualche esempio?  “Gli oggetti che rientrano nella mia sfera affettiva li chiamo cose. E le cose di cui mi circondo devono raccontarmi una storia, non necessariamente la mia. Per questo prima che un mio progetto entri in produzione, uso conviverci un paio di mesi, perché se ha valore per me, forse potrà averlo anche per qualcun altro”. Alberta Chiminelli, Roberta Abdanur, Matteo Iaboni (Comunicazione Pubblicitaria, Ied Milano)

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