1921-2021, cento anni del fotografo dadaista Man Ray che inventò la rayografia

29.03.21 , Arte , Valeria Torchio

 

Man Ray

Il 1921, fu un anno da ricordare per il fotografo dadaista Man Ray. Esattamente un secolo fa, l’artista scoprì per mero caso una nuova tecnica fotografica, quella conosciuta quale “rayografia”. Sempre cent’anni fa, propose un ironico ready-made, “Cadeau” e immortala in una fotografia l’alter ego femminile di Marcel Duchamp, Rrose Sélavy.

Man Ray: un estratto del suo enigmatico e singolare profilo

Man Ray, pseudonimo di Man Emmanuel Radnitzky, nato a Filadelfia il 1890 e morto a Parigi il 1976, sposta i limiti del Dada verso il nonsenso più assoluto, prefigurando quelle che saranno poi le tematiche surrealiste. Attivo durante il Dada, il Surrealismo e oltre, fu definito un “mistero”, impossibile da inquadrare o omologare, poiché continuava imperterrito a sperimentare e accogliere nuove sfide, senza curarsi troppo della coerenza. Noto soprattutto per le sue fotografie, Man Ray iniziò come pittore. «Fotografo ciò che non posso dipingere», amava dire, «e dipingo ciò che non posso fotografare». Circa la fotografia, compì diverse ed interessanti esperienze di fotografia astratta (senza usare, cioè, la macchina fotografica, lavorando solo in camera oscura). Oltre alle foto e ai dipinti, sperimentò anche alcuni ready-made, di impronta tipicamente dadaista, all’interno dei quali, il suo animo dada, provocava, irrideva, divertiva e liberava dai lacci del convenzionale e dell’ovvio.

Man Ray e la scoperta casuale della “rayografia”

Avido e instancabile sperimentatore, Man Ray nel 1921 scoprì, per puro caso attraverso un errore, una nuova e avanguardistica tecnica fotografica. Si trattava, propriamente, della “rayografia”. Ecco il suo racconto a riguardo. «Posavo il negativo in vetro su una carta fotosensibile alla luce di una piccola lanterna rossa, poi per qualche secondo accendevo la lampada a soffitto e sviluppavo le stampe. Fu praticando questo metodo di stampa che arrivai al mio processo rayografico, ovvero alla fotografia senza macchina fotografica». Tutto grazie a un ulteriore passaggio avvenuto per caso: un foglio di carta vergine finì per sbaglio a mollo tra i fogli già esposti, e dato che non appariva nulla, Ray ci appoggiò sopra degli oggetti di vetro e accese la luce. Cominciarono a emergere immagini deformate, rifratte, quasi in rilievo sul fondo nero. Questo risultato ha costituito la sua prima rayografia. 

Una delle rayografie di Man Ray

“Cadeau”: l’ironico e provocatorio ready-made rettificato proposto da Man Ray

Uno dei ready-made più emblematici del movimento dadaista e uno dei più significativi di Man Ray, è stato “Cadeau”, proposto nel 1921. Si tratta di un ironico ready-made rettificato riguardante un improbabile ferro da stiro sulla cui piastra l’artista aveva saldato ben quattordici chiodi d’acciaio. In quest’oggetto, tutto è beffa e provocazione. A partire dal titolo (“cadeau” significa dono in francese), che allude polemicamente ai formalismi e alle convenzioni borghesi, fino alla presenza dei chiodi, che di fatto annullano la funzione stessa del ferro, ovvero quella di stirare. Analizzando l’opera, scorgiamo, inoltre, un contrasto evidente tra il ferro da stiro e i chiodi: i chiodi lacerano, mentre il ferro scorre fluidamente. L’oggetto in questione appare ambivalente: è al contempo un dono e portatore di una componente sadica e violenta.  

Cadeau, il ready-made rettificato di Man Ray

La foto emblematica di Rrose Selavy, l’alter ego femminile di Marcel Duchamp

Cent’anni fa, Man Ray immortalò in una fotografia l’amico Marcel Duchamp che vestiva i panni del suo alter ego femminile, Rrose Sélavy. La foto, è ancora oggi una delle più famose di sempre. Il personaggio di Rrose, fu inventato da Duchamp un anno prima, nel 1920 a New York. Lo scopo di tale iniziativa va ricercato nella volontà dell’artista di frugare nella femminilità che non si concentra sul corpo, ma piuttosto sull’espressione inafferrabile del volto e delle mani di Duchamp, andando così a ridefinire non solo i contorni dell’artista, ma anche quelli dell’individuo. Con questo suo travestimento, Duchamp fece di sé stesso una sorta di ready-made, utilizzando il suo corpo e la sua identità come la base costitutiva di un assemblaggio. Inoltre, mise in discussione la sintassi tradizionale, provocando un attentato alle interpretazioni univoche e alle risposte precostruite. Servendosi della differenza sessuale, egli impose un’immagine sfuggente e molteplice di sé stesso, specchio riflettente la sua arte e la sua visione della realtà.

Foto di Man Ray a Rrose Sélavy, l'ater ego femminile di Marcel Duchamp

 

 

Foto di Man Ray a Rrose Sélavy, l'ater ego femminile di Marcel Duchamp

 

 

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