sezione arte riflesso magazine

Ansano col cuore..in mano

Mercoledì, 21 Settembre 2016,
Arte,
Per venti anni, seduto sui primi banchi della Chiesa di Santansano a Spoleto mi sono trovato faccia a faccia con la grande tela d’altare che effigia, in un vago stile caravaggesco, un giovane seminudo, di bell’ aspetto, poco più di una chiazza di luce immersa in un paesaggio tetro, assimilante in maniera imprecisa i volti truci dei suoi aguzzini. Il giovane alza gli occhi e le braccia al cielo dove l’attende un buon Gesù anche lui a braccia spalancate, mentre due angeli scendono dal cielo recando l’uno una corona e l’altro la palma del martirio. Nel 1901 Giuseppe Sordini, illustre archeologo spoletino durante una ripulitura scoprì la firma e poté attribuire l’opera all’urbinate Archita Ricci (1560-1635). Per quanto possa sembrare strano, in tanti anni mai avevo avuto la curiosità di conoscere più da vicino quel santo Martire. In anni recenti appresi che Ansano, (forse da  «Antianus» , di Anzio,)  nacque a Roma verso il 284 da nobile famiglia, figlio del senatore Tranquillino. Venuto a contatto con ambienti cristiani ed aiutato da una sua nobile parente, la matrona Massima, conobbe il Vangelo approfondendone le rivoluzionarie verità. Di nascosto si fece battezzare coltivando nel silenzio la nuova fede, finché il padre senatore non scoprì tutto. Tentò di dissuaderlo ma ogni esortazione fu vana. Fin quando, temendo ripercussioni personali, denunciò quel figlio all’imperatore. Condotto insieme a Massima davanti ai giudici, i due furono processati e poi torturati. La povera donna non resse il peso dei nodosi bastoni e morì. Ansano riuscì a evadere dal carcere e dopo una rocambolesca fuga attraverso i monti Cimini, Bagnoregio, Allerona durante la quale non perse occasione di evangelizzare ed ottenere miracoli fisici e spirituali raggiunse finalmente Siena. Qui riprese l’apostolato fin quando il proconsole romano Lisia, governatore della città, dopo averlo inutilmente invitato ad adorare gli Dei romani lo fece arrestare e condannare a morte. Riuscì ad uscire illeso dopo l’immersione in un pentolone ripieno di olio bollente e dopo una serie di bastonate inflittegli in vari punti della città a comune monito. Alla fine, fu condannato alla decapitazione. Era il primo dicembre del 303 e Ansano aveva soltanto 19-20 anni d’età.  Crescendo la fama dei miracoli da lui compiuti, le città vicine tentarono più volte di trafugarne il corpo, ed allora i senesi decisero di trasportarne la salma in città. Nel 1359 un fulmine ne provocò la parziale combustione ed oggi alla venerazione dei senesi, che lo elessero a loro Patrono, non resta che  il braccio destro racchiuso in un bel reliquiario d’argento.  A testimoniare il grande culto e la devozione di cui godette come taumaturgo, sorsero numerose chiese e cappelle sia in Toscana che nell’alto Lazio ed anche in Umbria e molti sono gli affreschi  che lo ritraggono in abiti eleganti , mentre sostiene con la mano sinistra una “strana cosa” che , ad un esame più attento si rivela essere una trachea, con i due polmoni, il cuore e a volte anche il fegato. Escluso che abbiano un rimando iconografico legato al martirio, da parte di qualificati studiosi si è ipotizzato che questa inusuale raffigurazione sia collegata a ricordi pagani, soprattutto etruschi, ancora vivi nella tradizione popolare. Un passo della vita di Ansano narra che dopo il battesimo un angelo scese dal cielo per coprirgli il capo con un cappuccio bianco simile a quello degli antichi aruspici.

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