sezione arte riflesso magazine

Yuri Ancarani e il suo amore per l’occulto

Mercoledì, 23 Marzo 2016,
Arte,
In un mondo alienato dalla costante visione d’immagini, l’arte è ancora in grado di catturare la nostra attenzione e lasciarsi contemplare? Nel 1936 il filosofo tedesco Walter Bejamin, nel suo famoso saggio L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, sosteneva che la riproduzione tecnicamente perfetta della fotografia o del cinema, modificasse a tal punto lo statuto dell’opera d’arte, da sottrarle quella caratteristica fondamentale di autenticità, la sua cosiddetta aura. Dalla fruizione di opere d’arte, si è quindi passati a un consumo irrefrenato d’immagini, in cui poche sono le opere capaci di attirare la nostra attenzione. Proprio per questo motivo vorrei parlare del video artista Yuri Ancarani (Ravenna, 1972) e della sua ultima opera Baron Samedi (2015), esposta nella mostra curata da Vincenzo de Bellis Ennesima. Una mostra di sette mostre sull’arte italiana, presso la Triennale di Milano. Inserita nella sala collettiva dal titolo 2015: tempo presente modo indefinito, la video installazione Baron Samedi, fa parte di un ciclo di lavori in cui l’artista pone in relazione animali e ambiente inospitale costruito dall’uomo. Una sequenza d’immagini in movimento, prive di suono, ma capaci di trasportarci in un cimitero pieno di colori, quello di Haiti, in cui gli unici esseri viventi sono delle capre nere che gli abitanti sacrificano alla divinità vudù Baron Samedi, perché questa velocizzi la decomposizione dei cadaveri e ne riduca così la possibilità di diventare zombie. L’artista, che da sempre si definisce un video maker, evidenziando così la sua distanza dal mondo della fiction, compone un’opera che diviene occasione per approfondire la tematica dell’occulto, già trattata nel suo film Sèance (2014), presentato nella mostra Shit and Die curata da Maurizio Cattelan, Myriam Ben Salah e Marta Papini, durante Artissima 2014. Se nel caso di Sèance lo spettatore diviene testimone di una vera e propria seduta spiritica, anzi una “cena con il defunto” come ama definirla Ancarani, ambientata nella Casa Museo di Carlo Mollino, in Baron Samedi l’artista ci pone davanti al luogo da cui è nata la mitologia zombie, modificando il nostro immaginario visivo, viziato ormai dall’infinità di storie costruite dal mondo del cinema. Al pari di film come IL Capo (2010), Da Vinci (2012) presentato tra l’altro all’“enciclopedica” Biennale di Venezia, curata da Massimiliano Gioni; ma anche Piattaforma Luna (2011) o San Siro (2014), quest’opera ci incanta e trasmette quel senso d’inquietudine, che l’artista definisce come la sua Poetica dell’invisibile. Ogni immagine di Ancarani vive in autonomia, lui stesso talvolta accosta la sua tecnica a quella di un fotografo, ma all’interno dell’economia del montaggio ognuna di queste immagini fa trasparire quel significato invisibile che queste parole estrapolate da Sèance possono ben  descrivere:“Se la ricerca della bellezza è dentro di noi, questa bellezza deve risplendere anche fuori di noi. O perché improvvisamente compare, apparentemente in modo casuale, o perché siamo in grado e siamo riusciti a creare quella magica commistione di elementi, che consente a un essere comune di apparire per pochi attimi straordinario”. Elisabetta Rastelli – OUT 44 – Accademia di Belle arti di Brera

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