Le Cisterne romane di Amelia: un patrimonio culturale ipogeo

Martedì, 29 Novembre 2016,
 
Edificate intorno alla prima metà del I sec. A.C. le Cisterne Romane di Ameria, allora municipio romano, fu una delle opere più imponenti della manovra di "romanizzazione" della città. Il sistema di approvvigionamento idrico costituiva, in una città con povere risorse idriche, la necessità, prima ancora dell’impianto viario, del foro cittadino e degli edifici istituzionali.  Una città di dimensioni modeste, Amelia, ma dalla storia millenaria, le cui testimonianze vivono nei secoli: dalle mura ciclopiche a quelle megalitiche, al meraviglioso Germanico, ai palazzi rinascimentali, al duomo. Respirare il tempo e coglierne le stratificazioni storiche é qui alquanto immediato.    Scelta rigorosamente in un’area pianeggiante d’impluvio tra le due alture circostanti e scavate nel calcare roccioso, le Cisterne Romane impressionano per le imponenti dimensioni. Oggi celate dalla piazza del comune, antico foro, e dal costruito storico che su di loro grava, le cisterne, alimentate da acqua pluviale, si compongono di dieci  ambienti che con dimensioni medie di m 57x19 per un’altezza pari a 5,70m costituiscono un complesso idraulico di una capacità volumetrica globale di 4.400 metri quadrati.  Ogni ambiente, voltato a botte in opera conglomerata cementizia di cui sono ancora visibili i segni delle centine lignee, si compone di una muratura perimetrale di contenimento realizzata con la tecnica dell'opus incertum rivestita a reticolatum. Il fondo è stato reso impermeabile con l'uso della malta idraulica, opus signinum, altrimenti detta cocciopesto e la stessa utilizzata anche per rivestire le pareti fino ad un metro circa di altezza. I passaggi di comunicazione tra gli ambienti sono mediamente centrati ma non perfettamente allineati tra loro, sia per una questione cantieristica a più fasi temporali, sia per la necessità di attenuare la spinta dell'acqua durante lo svuotamento periodico dei locali. L'alimentazione delle Cisterne avveniva sia attraverso i pozzetti (lumina) in cui era convogliata l'acqua piovana accumulata nel bacino della soprastante piazza, sia dai pluviali dei tetti che attraverso una serie di tubi di piombo (fistula acquaria) di cui sono ancora visibili i fori nell'ultimo vano. L'attingimento dell'acqua, invece, avveniva attraverso i vari pozzi situati sulla piazza forense e nelle immediate vicinanze. In sezione si é letta chiaramente una pendenza progressiva di 122cm di dislivello, mentre l’ultima camera in contropendenza di 12cm. La prima garantiva il naturale deflusso dell'acqua, durante lo svuotamento periodico delle cisterne a fini di pulizia e manutenzione, la contropendenza,  invece, consentiva la permanenza, a svuotamento completato dell'invaso, di una sufficiente quantità d'acqua residua, necessaria per completare le operazioni di pulizia del medesimo che era la sede naturale di accumulo di detriti che per trasporto provenivano dalle sale precedenti. Tra le curiosità, la volta degli ambienti 4, 5, 6, 7, crollate nel 1817 sono state completamente ricostruite, non alla maniera romana, ma in laterizio e tufo, creandosi pertanto stalattiti per lo stillicidio d'acqua. Le dimensioni degli stessi risultano minori, a causa della realizzazione di "camicie" di rinforzo alle murature preesistenti spesse anche fino a 80 cm. L’ambiente, 8 invece, appare diviso da tre muri di sostegno per la presenza di un edificio al di sopra della volta. Un patrimonio culturale ipogeo che, per la sua autenticità e le valenze spaziali-volumetriche-materiche, si offre al visitatore con entusiasmante sorpresa.

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