Giardino Giusti a Verona: uno smeraldo rinascimentale

Mercoledì, 13 Luglio 2016,
A luglio fiorisce il giardino di Palazzo Giusti a Verona, ed è il momento ideale per gustarne l'atmosfera impalpabile, il piacere di sentire lo scricchiolio della ghiaia sotto i piedi, lo stupore di ripercorrere le passeggiate di Goethe, che ne ammirò i cipressi, di Mozart, dello zar di Russia Alessandro I e di altri illustri ospiti che l'attraversarono. Vi è in questo luogo qualcosa di ancora più accattivante del fresco profumo di cipresso e lauro che avvolge ogni cosa, e del fascino del mascherone che spalanca la bocca sulla sommità della collina che domina la prospettiva: è la viva percezione della cura e della dedizione di una famiglia che per generazioni lo ha custodito e mantenuto, fin dalla sua nascita sul finire del XVI secolo. Il conte Agostino Giusti, appassionato di musica ed arte, volle creare un ambiente che si ispirasse al gusto classico e si rifacesse ai giardini toscani e romani della cultura medicea, che svolgesse la funzione di museo a cielo aperto per le collezioni di epigrafi romane della famiglia, e costituisse lo scenario naturale dei concerti e degli spettacoli teatrali per l’intrattenimento degli ospiti. Il giardino ha vissuto naturalmente tempi difficili, tra cui la devastazione di un pesante bombardamento durante la Seconda Guerra Mondiale che divelse numerose piante. L’opera di restauro iniziò con la rimozione di quanto irrimediabilmente distrutto, ad opera di Justo e Maria Giulia Giusti nell'immediato dopoguerra, ma fu negli anni ’70 del secolo scorso che il dottor Nicolò Giusti cominciò ad interessarsi al modo migliore per poter ripristinare il giardino allo stato originale, aiutato dall'architetto Fausto Bagatti Valsecchi,  uno dei più autorevoli storici dei giardini in Europa, e con la collaborazione dei cugini Giovanni, Marina e Sandra Giusti. Il risultato fu la  rinascita di un giardino formale in stile mediceo suddiviso in tre parti: nove stanze di bosso potato geometricamente a diversi livelli intorno alle statue di Venere e delle ninfe che creano l’illusione di muoversi e rincorrersi nell’apparire e sparire tra i cipressi e i vasi di agrumi. Il bosco copre il declivio e porta al dirupo, fitto di sottobosco di lauro, edera e felci secondo la tradizione del sottobosco  mediterraneo, creando un ambiente cupo, atto a stupire il visitatore aprendosi ora ad un belvedere dell’intera città di Verona, ora all’orrido con rupe, forse già risalente al 1500, che ricorda l’Orecchio di Dioniso in Sicilia; da un lato si trova la grotta degli specchi, oggi chiusa per restauro, ma che nel 1620 Francesco Pona, autore de “Il Sileno”, un libello celebrativo del palazzo, descrisse come decorata da conchiglie, mosaici, coralli e madreperle; all’ultima parte del giardino si accede tramite la scala a chiocciola cinquecentesca nella torretta che si erge sul pendio originariamente coltivato ad orto, ora luogo ombreggiato di cipressi e piante rustiche. Dopo quasi quattrocento anni di storia lo spirito del giardino di Palazzo Giusti può ancora essere descritto con le parole del Pona: “... Poiché, se altri si vantarono d’intendere il canto degli uccelli, voi esponete i sensi delle mute ed immobil piante con acutezza mirabile”. Caterina Chiarcos

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