Villa Gavotti della Rovere: tra natura, artificio ed eleganza arcadica

Venerdì, 05 Febbraio 2016,
 
Una perla del barocco genovese del primo Seicento. Marmi bianchi macchiati dal tempo. Profumo di siepi e di alloro. Così si presenta Villa Gavotti della Rovere, ubicata ad Albisola superiore, in provincia di Savona, nell'entroterra del ponente ligure. Una storica dimora di villeggiatura che si erge con fierezza in via Francesco Maria Della Rovere. Il suo antico nome era quello di Cà Grande, probabilmente per la sua forma di caseggiato protetto da una torre. L'elegante villa prende in realtà il suo nome attuale da Giulio della Rovere, a cui diede i natali, poi divenuto papa Giulio II nel 1503, famoso per essere stato un papa umanista mecenate di Michelangelo e di Bramante. La villa, così come appare oggi ai nostri occhi, è il frutto di un progetto nato secondo i gusti innovativi del secolo dei lumi e portato avanti dalle famiglie Rovere e Gavotti a partire dalla seconda metà del XVIII secolo. L'originario prospetto mirava a un'opera di bonifica e trasformazione del paesaggio circostante, con l'intento di trasformare il territorio paludoso in un'unità in cui agricoltura, arte e architettura avrebbero dato un nuovo impatto al territorio. Fu così che la villa fu trasformata in uno dei più esclusivi edifici rococò italiani. L'iniziatore fu Francesco Maria della Rovere che ebbe il merito di edificare nello stile mecenate e illuminato l'edificio attuale, in seguito dimora di villeggiatura della sua famiglia. Le case e le strade adiacenti furono ingentilite da intonaci colorati (di quello che sarà poi lo stile dei colori liguri) e scanditi da elementi architettonici affrescati in chiaro scuro. Il palazzo, di forma cubica, s'imponeva così sul territorio circostante con i suoi quadrivi agli ingressi, abbelliti da edere, cancelli ed esedre. A testimoniare il gusto illuminato che ispirò il restauro della villa, spicca nei giardini all'italiana, tra le immense scalinate ornate da statue, Ercole in lotta col leone Nemeo, struttura imponente e grottesca, simbolo del trionfo della ragione sulle dottrine religiose. La fontana, detta anche "la peschiera", si trova nel centro di un palcoscenico silenzioso su cui si affacciano finestre con cornici affrescate da ornamenti chiaro scuro e tinte arancio. Delfini e sirene danzanti gettano zampilli d'acqua nelle fontane marmoree (scultori e scalpellini toscani lavorarono al progetto, così come il marmo fu tutto estratto dalle cave di Carrara). L'eleganza e la preziosità della villa sono testimoniate ancor di più dagli interni che riprendono l'antico modulo arcadico. Gli stucchi, gli archi, i capitelli sormontati da vasi, e gli affreschi simboleggiano il motivo portante delle sale: le quattro stagioni. Un tripudio di maschere, divinità, ninfe e fauni a raccontare il gusto della grazia e del tempo che fugge in questa villa dove la natura può riconciliarsi con l’arte, nell'impronta di un incantevole progetto. Jessica Chia

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