Editoriale (36)

In Umbria ovunque si sente profumo di cultura enogastronomica. É un profumo che emana da antiche civiltà e da emergenti stili di vita, dal contado come dai grandi centri, dalla cucina di campagna come dai cucinotti di suntuose ville, dal ristorantino di periferia come dal locale gourmand. Certo, occorre imparare a gustare tale profumo, a creare un'educazione che insegni il bello e lo diffonda. É un sapere, quello culinario umbro, che va sostenuto e legato alla storia di una terra millenaria che ha fatto dell'accoglienza, dell'ospitalità e del buon vivere il proprio viatico. Nel passato disquisire di cucina sembrava cadere nella banalizzazione, o al massimo equivaleva a rivolgersi solo agli addetti al lavoro. Appariva impossibile indirizzarsi con intelligenza a un pubblico diversificato, poiché la cultura culinaria non si presentava né efficace, né persuasiva al di fuori di ristretti circoli elitari e accademici. Mancava insomma l'integrazione nella vita della società e, come argomenta la filosofa Martha Nussbaum, "mancava la capacità di sintonizzarsi con l'esperienza di un vasto numero di persone, convinte che questa integrazione fosse stata impossibile". Oggi tutto è cambiato, anzi capovolto. Si è convinti che la cultura possa incrementare la crescita economica se non ignora fattori come la fantasia, l'indipendenza mentale, l'etica, la storia, la responsabilità sociale. Fattori che inseriti nella cultura culinaria restituiscono quella fragranza che rappresentava l'ingrediente basale di quei piatti che hanno fatto la storia dei nostri territori. E così si assiste ad un proliferare di manifestazioni culinarie – di diverso livello di presentabilità – , di talk-show televisivi, di articoli e di riviste in cui l'argomento cibo la fa da padrone. Senza parlare dei libri di cucina che inondano le nostre librerie. Ce ne è uno recente che si inserisce nella politica seguita da questa rivista che punta sulla filosofia e cultura umbra del gusto (vedi l'attenta rubrica di Marilena Badolato), dal titolo: "Il gusto come esperienza. Saggio di filosofia ed estetica del cibo" di Nicola Perullo. Ma la cultura culinaria non deve rimanere nei libri o essere appannaggio di pochi specialisti. Deve essere diffusa con ogni mezzo, non solo con le iniziative del singolo, ma essenzialmente con il veicolo delle istituzioni. Se queste non fanno proprio l'assunto che favorire la diffusione e l'esportazione dei prodotti agricoli equivale ad accrescere l'economia, si perde una grossa occasione di espansione sociale e lavorativa. E forse mai come in questo settore la rivoluzione culturale innalza il Pil. Le istituzioni non debbono fare riferimento a Socrate che nel Fedone sentenziava: "Ti pare che un vero filosofo o politico possa curarsi di piaceri come quello del mangiare e bere?", ma piuttosto metabolizzare l'affermazione di Aristotele: "Il gusto è un senso acutissimo perché crea un contatto non distante, ma intimo tra il soggetto che conosce e l'oggetto della sua conoscenza". Tradurre questo aforisma nelle varie lingue, potrebbe già essere parte del business di esportazione dei prodotti enogastronomici dell'Umbria.
Anche il nostro periodico si converte al green, o meglio, continuando la sua linea di valorizzazione della "Green Economy" con i puntuali interventi del nostro collaboratore Walter Leti, dà testimonianza della "rotta verde", posizionando Riflesso, da questo numero, sulla carta riciclata. Perché? Forse la crisi economica che ci attanaglia spinge alla maturazione di una comune crescita culturale sullo smaltimento dei rifiuti e sulla produzione di energie alternative. Il tempo delle vacche magre ci conduce, tra l'altro, a guardare con occhi nuovi le ferite inferte alla natura dall'avidità di pochi. Anche se, a chi vendeva l'anima al dio del profitto o del potere, qualcuno si opponeva indicando percorsi alternativi volti alla salvaguardia ambientale, di cui ne faceva il proprio core business. In un mondo globale caratterizzato dall'aumento della domanda di materie prime, si impone la filosofia della raccolta differenziata e dello sviluppo dell'industria del trattamento, alla quale contribuisce in maniera determinante la filiera degli imballaggi e della carta riciclata, compresi i giornali. Si sente oramai l'esigenza di creare le condizioni per una reale "Società del riciclo". Entro il 2020, secondo il Sistema Conai (Consorzio nazionale imballaggi), dovranno essere riciclati il 50% dei rifiuti di carta, plastica, metalli e vetro prodotti in Italia. Su questa tematica in Umbria non siamo messi male. Alcuni esempi di imprenditori che hanno sposato la filosofia dell'impatto zero sono, tra i tanti, le aziende Brunello Cucinelli, Listone Giordano e Castello Montevibiano Vecchio, delle quali questo periodico si è già occupato. Anche le istituzioni non stanno a guardare. La Regione Umbria ha presentato nel dicembre scorso il nuovo marchio regionale "Green Heart Quality", per la certificazione di imprese, prodotti e anche amministrazioni pubbliche che rispettando un preciso disciplinare, potranno "certificare e rendere riconoscibili" le produzioni ambientalmente compatibili. L'Umbria è così la prima Regione d'Italia a dotarsi di un marchio di sostenibilità ambientale nella consapevolezza che investire in questo settore aumenta la capacità delle imprese di essere competitive. Il marchio è stato pensato per aumentare il valore dei prodotti, in particolare sui mercati esteri, per promuovere il territorio e per accrescere l'immagine della Regione Umbria, già Cuore Verde d'Italia, a "luogo dell'eccellenza ambientale". Nell'ambito della manifestazione "Ecomondo", tenutasi a Rimini lo scorso novembre, il direttore generale di Conai Walter Facciotti ha ricordato che: "grazie all'attività del Sistema Consortile è stato possibile sfruttare le cosiddette "miniere metropolitane"; i rifiuti urbani da problema si sono trasformati in una risorsa da valorizzare per produrre nuova ricchezza. In questo contesto, l'industria italiana della valorizzazione e della preparazione al riciclo è pronta a guardare avanti, investendo sempre maggiori risorse sia economiche sia umane. Con una ricaduta di 9.5 miliardi di fatturato annuo e di 100.00 unità di addetti ai lavori. Se è poco!

Fare impresa in Umbria

Lunedì, 10 Dicembre 2012,
Ci sono prospettive per migliorare lo stato delle imprese in Umbria? Fino a quando la nostra Regione continuerà a tenere il primato delle imprese che falliscono? Il trend è veramente allarmante: nell'ultimo anno l'incremento è stato del 27.9% con una salita consistente anche nei numeri: da 136 a 174. "Per una realtà come la nostra – argomenta Umbro Bernardini presidente di Confindustria Umbria – questi numeri rappresentano un'enormità. Bisogna cambiare rotta. A partire dalle infrastrutture occorre ricreare condizioni migliori. Quanto a collegamenti stradali e autostradali infatti la nostra situazione è praticamente uguale a quella di trent'anni fa." Non solo. L'Umbria ha ancora un altro primato: l'energia elettrica che in Italia costa 2259 euro l'anno in più rispetto alla altre nazioni europee, grava con 2654 euro sulle imprese umbre. Non chiediamo perché l'Umbria è ferma al 1980 nel campo delle infrastrutture, né a chi addurre la responsabilità degli elevati costi dell'energia elettrica. Né è nostro intento addentrarci sui motivi per cui le imprese non hanno innovato o rinforzato la loro struttura patrimoniale, né tanto meno tentare di comprendere gli istituti bancari quando chiudono la borsa a tante imprese. E' intenzione invece di immettere iniezioni di fiducia e di ottimismo nel variegato mondo dell'impresa. E ciò essenzialmente perché ognuno di noi ha esperienza di aziende umbre che navigano bene e di altre che hanno iniziato con il piede giusto. Sono esempi che danno coraggio e imprimono speranza per la creazione di imprese come fattore di vitalità e testimonianza di capacità di rinnovare la cultura locale. Sì, perché l'impresa deve essere considerata come vocazione, secondo la felice intuizione di Michael Novak, uno dei maggiori esperti di etica d'impresa. Impresa è abitudine al discernimento, tendenza a scoprire ciò che gli altri non vedono ancora. È anche capacità di concretizzare le intuizioni, cioè di realizzare cose mai viste prima. È capacità di prevedere sia i bisogni degli altri sia le combinazioni di fattori produttivi più adatte a soddisfare tali bisogni. Una delle più felici espressioni di tale orientamento sono le cosiddette "imprese sociali" ove non si fa impresa calcolando il diretto e immediato vantaggio personale, ma si guarda innanzitutto al bene della collettività. Anche in Umbria sta prendendo piede questa tipologia di impresa, che funziona meglio se veicolata dalla cultura imprenditoriale che valorizza le persone che coinvolge e su cui può contare e che insegna a confrontarsi con la realtà del mercato abbandonando schemi superati e pregiudizi ideologici.
L'estate che sta scivolando verso un autunno che speriamo non sia troppo caldo, viene archiviata come una delle più infuocate degli ultimi anni. E non solo da punto di vista meteorologico con le sue calure, siccità, incendi, ma soprattutto per l'atmosfera surriscaldata dalla politica, dalle polemiche partitiche, dalle discutibili iniziative di leader, dagli interventi di giudici d'assalto, dalla ventilata chiusura dell'ILVA a Taranto. Ci si divide su tutto. Persino l'Olimpiade di Londra è stata oggetto di controversie. La Pellegrini dall'altare alla polvere; al contrariola Rossi con la sua medaglia d'oro al tiro a piattello, esprime nella sua disarmante semplicità e bravura il vero volto dei giochi. A questi hanno partecipato anche degli atleti umbri, senza medaglie (tranne il bronzo ad Andrea Giovi per la pallavolo) ma tutti accumunati da quello spirito decouberteniano che conferisce all'Olimpiade il valore aggiunto di ogni competizione sportiva. Ma gli umbri non sono preoccupati delle mancate medaglie; altri sono i problemi che li assillano. Emergenza siccità, stato di calamità per l'agricoltura, infiltrazioni criminali nel tessuto economico e sociale, ventilata chiusura di centri direzionali e fabbriche, aumento della disoccupazione giovanile. Nulla di nuovo. Su questi problemi paginate di quotidiani ci hanno "riscaldato" il cervello per tutta l'estate. Ma ce l'hanno riscaldato anche per un altro paio di motivi: l'eliminazione o l'accorpamento di istituzioni, il varo seppure parziale della riforma sanitaria umbra. Terni scompare come provincia, a meno che non intervengano salvataggi dell'ultimo momento. Ma serve veramente la provincia? Non dovevano essere tutte eliminate nel 1970 quando sono state istituite le regioni? A chi hanno giovato? Pensiamo male se diciamo essenzialmente ai politici? E chi protesta se si effettua la fusione dei piccoli comuni che in Umbria passerebbero da 92 a 50 dopo il "disboscamento". Certo no i cittadini quando si spiega loro che accorpare significa semplificare e sburocratizzare. E soprattutto effettuare risparmi che potrebbero esser dirottati versi servizi sociali. Senza amputare tradizioni e culture di comuni confinanti. Lo stesso vale per l'accorpamento dei tribunali che in Umbria rimangono tre: Perugia, Spoleto, Terni. La tematica della fusione delle ASL e di alcuni servizi, inserita nel contesto della riforma sanitaria umbra, ha una valenza più pregnante poiché muove maggiori interessi, di cui la salute è il principale. Si parte sempre dalla spending review montiana, che vede nel risparmio e nell'eliminazione di sprechi l'asse portante delle strategie sanitarie, per portare alla gente un messaggio di novità che significa mantenere la qualità del servizio a fronte di innovazioni assistenziali che richiedono adattamento e responsabilità. Certo è duro spiegare ad un cittadino di S. Giustino che deve recarsi ad Orvieto per un accertamento diagnostico eliminato nel suo territorio a causa della spending review. E che dire a quella donna che vorrebbe partorire all'ospedale di Assisi il cui punto nascita è stato cassato perché i neonati dell'anno precedente erano di poco inferiore a quello previsto dalle norme vigenti (500)? Grandi, piccoli problemi che l'Umbria risolve con la sua determinazione e coesione sociale. Caratteristiche che fanno piacere l'Umbria a tante persone.
Alcuni lettori di "Riflesso" ci chiedono il motivo per cui insistiamo sulle cose belle ed eccellenti dell'Umbria, a fronte delle negatività che la investono. Domanda più che lecita. Ma fa parte del nostro target concentrarci sui tesori della Regione per valorizzarli, per amplificarne il significato, per farli conoscere meglio. Insomma per condurli su un palcoscenico in cui tutti possono ammirarli, apprezzarli, seguirli. Non siamo interessati alla scoop la cui ipnosi finisce per paralizzare la società. Non ci lambisce la bramosia di riempire spazi, ma di elaborare utilmente il contenuto di eventi che inducono ad apprezzarne la componente storica, culturale, artistica, economica. Certo, c'è crisi. Tuttavia ci piace esaltare chi in silenzio, ma con efficacia, affronta la crisi attuale con la certezza della crescita o della ricrescita. Anche perché la parola crisi in greco significa crescita. "Riflesso" cerca allora chi nella crescita vede un' opportunità, un percorso che stimola a ritrovare ed esprimere le migliori energie. Si parla giustamente della crisi di sicurezza in alcune città umbre, ove la violenza la fa da padrone. Lasciamo ad altri il commento e l'analisi sociologica. A noi piace invece mettere in risalto la bella notizia, diffusa dal National Geographic, che le località più romantiche d'Italia sono concentrate tutte in Umbria, per via dell'alta concentrazione di borghi medievali, di antiche palazzi, di meravigliose opere d'arte, di suggestive viuzze strette. Certo, c'è crisi economica e del lavoro. Chi non la vede, che non la sente? Eppure, "Riflesso" vuole esaltare l'iniziativa di S. Francesco e del francescanesimo che, contrariamente alla diffusa icona, hanno dato risposte anticipate a domande economiche del presente. Lo hanno ricordato recentemente i francescani del Sacro Convento di Assisi, in un meeting internazionale, alla presenza del ministro Passera. Tutti si lamentano della sanità in Umbria, anche sulla scorta dei recenti tagli assistenziali ed ospedalieri. Noi rispondiamo che in Umbria si vive più a lungo di tutte le altre regioni (tranne le Marche), motivandone le cause, essenzialmente in termini di DNA regionale. Il fenomeno della droga miete più vittime in Umbria che in tutte le altre regioni. "Riflesso" mette in campo le motivazioni e le tante iniziative di volontariato e di assistenza che pullulano in tutto il territorio; non risolvono il problema, ma pongono in essere le componenti culturali positive per fronteggiare il fenomeno. Insomma, con il periodico vogliamo attivare lunghezze d'onda per celebrare iniziative e bellezze inedite dell'Umbria.. In questo numero ne è un esempio l'esposizione storica ed artistica di Cattuto sulla "Processione dei Bianchi" affrescata sulle pareti di una chiesetta di campagna a S.Anatolia di Narco. Sconosciuta ai più. Allora, l'ancoraggio a questi valori è il viatico del nostro periodico. Ed è anche la risposta a quei lettori della prima riga sulla definizioni dei nostri ruoli.
Vi racconto chi siamo, cosa vogliamo e dove vogliamo andare. Il nostro intento è quello di "costruire" una rivista capace di creare un percorso volto all'esaltazione del brand Umbria, come già hanno fatto con successo altre regioni quali la Toscana e le Marche. Con questo valore fondativo intendiamo dar vita ad un prodotto editoriale che rifletta l'Umbria all'insegna delle sue bellezze. L'impegno è quello di adoperarci a delineare un sistema integrato delle varie realtà locali e dei numerosi prodotti umbri per fondare un binomio vincente territorio-prodotto, per promuovere la nostra cultura e i nostri servizi e per mettere in rete gli operatori dei diversi settori. Non occorre troppo arredo, è necessaria tanta sostanza. Poca cronaca, anche se è la più democratica della disciplina, e molto territorio, seppure di questo termine si è abusato nel lessico e nei contenuti. Per noi il territorio è bellezza, quella bellezza che in accordo con Dostoeskij, "può salvare il mondo". Ma noi in Umbria di bellezze ne abbiamo tante e in molte direzioni. Basta sapere scoprirle, enfatizzarle, valorizzarle, diffonderle. In questo contesto anche la politica può essere bella se rappresenta un servizio agli altri e se depurata dagli orpelli attuali. Nel nostro territorio regionale abbiamo molti esempi di tale politica; basta farla emergere e darle voce. Di questo territorio parleranno non solo testimoni di svariate realtà regionali, ma anche corrispondenti da varie sedi a partire da Londra e Montecarlo. Così come altri personaggi che vivono o che sono vissuti in Umbria, esprimono sulla nostra rivista il loro motivato giudizio su uomini e su bellezze umbre. E come possiamo riflettere su "Riflesso" le numerose e polivalenti bellezze regionali? Bellezze culturali, artistiche, paesaggiste, enogastronomiche e storiche. Facendo parlare esperti di settore, abitualmente giovani, che con la loro determinazione, entusiasmo e grinta, fanno emergere ciò che brilla nel firmamento di una Regione che attende solo di essere valorizzata nei suoi gioielli, talvolta celati agli occhi dei più. Gli stessi giovani riescono ad estrarre il bello, in uno sforzo maieutico, anche da eventi o personaggi che possono non essere in prima fila, ma che rappresentano il motore di questa Regione con la loro iniziativa, intraprendenza, fantasia e investimento. Sono insomma gli attori della nostra amata terra che troveranno uno spazio privilegiato per il contenuto e l'immagine del cuore verde d'Italia.
Mi inquieta un acronimo che serpeggia tra il mondo giovanile: Neet (not in education, not in employment, not in training). La generazione del Neet vive in un limbo ove non si studia, non si lavora, non ci si forma. E' una generazione che aspetta immobile qualcosa dal futuro, ma non è attrezzata a cercarla, a crearla. Anzi non fa proprio nulla poiché si è negata anche la speranza di "trovare" qualcosa. Chi sono questi giovani? Per caso quelli definiti dai vari politici bamboccioni, fannulloni, sfigati, mammoni, ma non annoiati dal posto fisso? Sono annoiati invece dal posto che non hanno: né fisso, né precario. Eppure lo hanno cercato in ogni modo. Sopravvivono solo per la rete affettiva della famiglia che, da una parte assicura protezione, ma dall'altra induce alla pigrizia, all'attaccamento al nido. E' la peggiore condizione del giovane poiché la sua demotivazione si coniuga solo con la rassegnazione ed il pessimismo. Quando la certezza del futuro si sbriciola, quando il sentimento di insicurezza si diffonde, quando si è consapevoli per la prima volta da più di un secolo che le giovani generazioni godrebbero di un livello di vita inferiore a quello del periodo precedente, si avvizzisce lo spirito di ottimismo e di vitalismo tipico delle nuove leve. Tuttavia queste debbono reagire, ingegnarsi, riprendere l'iniziative, tentare di ripartire. Ciò è tremendamente difficile e le prediche possono anche irritare. Ma dalla crisi si esce solo con la voglia di non arrendersi, di non crogiolarsi nella condizione di Neet. Si può spostare lo sguardo, nell'attesa di buone notizie economiche, ad esempio su imprese individuali o di gruppo, anche con gli assist che il governo Monti sta offrendo ai giovani. Nel suo piccolo, questo periodico è il risultato di un'associazione di giovani che credono e si impegnano in un progetto editoriale che affina competenze e professionalità, scommettendo su una realizzazione globale delle loro potenzialità. In coerenza con quanto copre il loden di Monti, impegnato a ridurre l'apartheid tra chi è già dentro il mondo del lavoro e chi, giovane, fa fatica ad entrare o a stazionarvi in condizioni precarie.
Un ministro di spicco del passato governo asseriva che la cultura non fa PIL. D'altra parte, recentemente, in occasione della pubblicazione sul "Sole 24-Ore" del "Manifesto della Cultura" si asseriva proprio il contrario: "la cultura fattura". Qual è la verità? Non c'è dubbio: la cultura appare necessaria allo sviluppo in qualsiasi frangente, soprattutto, come enfatizza Vittorio Sgarbi, quando asserisce che per cultura si intende "una concezione allargata che implichi educazione, ricerca scientifica e conoscenza". Ciò stimola l'assegnazione alle forze vive locali un ruolo principe nella salvaguardia e potenziamento delle opere d'arte e nella valorizzazione degli artisti. Certo, qualcuno afferma che il citato "Manifesto della Cultura", pur nel merito della iniziativa, è viziato dal legittimo obiettivo del rilancio dell'economia. Forse è vero, così come è scontato che è la necessità umana e individuale a fare ricorso alla cultura, che rende noi italiani cittadini del mondo. E' un ricorso che ci rende grandi e richiesti ovunque, malgrado tutte le congiunture. E' una strepitosa immagine positiva quella che siamo in grado di diffondere all'estero in tema di cultura. E' la cultura che crea il brand italiano che va fortissimo. Ed è necessario sfruttarlo al massimo, sia a livello individuale, sia istituzionale. Comunque, a fronte di una ricchezza culturale inaudita, l'Italia, rispetto alla Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna è il Paese con la più bassa percentuale di aziende attive nella cultura e nell'industria creativa; solo il 4,4% del totale (7.176mila) con 335mila occupati (il 2,2%9) contro il 6% della Germania. Ed allora i decisori politici debbono tener presente il peso che la cultura ha nel progresso sociale e nel benessere equo e sostenibile, così come indicato già nel 2001 dall'Ocse. E in Umbria che cosa vediamo dietro la parola cultura? In un'indagine nazionale che ha coinvolto anche la nostra Regione, risulta che l'attenzione al patrimonio culturale è più importante addirittura del benessere economico. E' pleonastico asserire che l'Umbria è una delle regioni più ricche in opere artistiche, più godibile in paesaggi naturali, più nota in rievocazioni storiche e in manifestazioni musicali, più rinomata in cultura enogastronomica, più satura di spiritualità. L'essenziale è far conoscere queste eccellenze umbre all'Italia, al mondo intero. In qualsiasi modo, con qualsiasi pubblicità, con qualsiasi investimento pubblico e privato, con testimonial di ogni tipo, con valide promozioni turistiche. E valida, ad esempio la recente iniziativa del Travel Blogger Unite che ha convogliato per le strade e le bellezze del'Umbria oltre 100 giornalisti del web di tutto il mondo, alla scoperta della Regione, per poi comunicare le proprie impressioni attraverso il blog dedicato ai percorsi e alle escursioni. Immergersi insomma nelle variegate espressioni della cultura umbra equivale ad accrescerne le potenzialità turistiche e commerciali. La ricaduta economica ne è il logico corollario. Ed allora l'idea di Vittorio Sgarbi di far coincidere economia e cultura in un solo ministero o in unico assessorato non è poi così peregrina. Inevitabilmente esso dovrebbe interfacciarsi con la scuola, l'università, il turismo e i lavori pubblici. Sicuramente, il ministro di cui sopra non pensava, nella sua esternazione, ai numerosi risvolti "salvifici" che la Cultura può avere nella società moderna.
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