Operano soprattutto nel settore agroalimentare, ma non mancano moda, arredo, turismo. Nel complesso sono 170 piccole e medie imprese (Pmi) su 400 selezionate che hanno avuto la possibilità di far conoscere i propri prodotti ai visitatori dell’Esposizione e ai buyer internazionali, attraverso il progetto “Ecco la mia impresa”, organizzato da Intesa Sanpaolo, ospitato all’interno del suo padiglione Waterhouse. È una vetrina internazionale delle eccellenze regionali del sistema produttivo italiano. È una risposta all’insegnamento di Expo che indica nella fase espositiva delle nostre aziende il miglior viatico di successo. È soprattutto una forte spinta di ripresa ed un robusto vento di export italiano che spira ancora debolmente. Ed è proprio il grado di internazionalizzazione il primo criterio selettivo delle Pmi a partecipare a “Ecco la mia impresa”; gli altri due sono: capacità di innovazione, rappresentatività del tessuto manifatturiero italiano. Il 60 per cento delle imprese appartiene al mondo agroalimentare, il 20 per cento al settore moda-design, il 16 per cento all’arredamento, il resto al turismo. Sono Pmi che pur facendo il possibile per stare a galla e pur rappresentando il meglio del made e dell’innovazione in Italy difficilmente avrebbero potuto trovare una vetrina così trasparente e prestigiosa per i loro prodotti come l’Expo. Queste aziende sono la parte sana e vincente di quella spaccatura tra quelle che si sono lanciate o rilanciate e lavorano all’estero e le Pmi che non sono o e non possono essere in grado di reggere l’urto con la crisi. Tra le prime spiccano delle piccole e medie imprese che producono prodotti di alta qualità, come quelle presenti all’Expo; tra le altre si annoverano quelle aziende in crisi per difficoltà a effettuare la pianificazione del lavoro, malgrado gli sgravi contributivi del Jobs Act. Su tutte comunque pesa l’incertezza e la sfiducia si avverte soprattutto nelle realtà di piccole dimensioni che si rivolgono, secondo Paolo Galassi, presidente Api (Associazione piccole e medie industrie), “alle associazioni, ai corpi intermedi, per la tutela dei propri interessi nella consapevolezza che presentarsi come unità compatta omogenea e numerosa sia l’unica strada per far sentire la propria voce e fare impresa”. Lo hanno compreso tutti i partecipanti a “Ecco la mia impresa”, tra i quali Agrimech Umbria, una rete di imprese costituita, grazie alla Confindustria Umbra e alla Cassa di Risparmio dell’Umbria, da otto realtà regionali specializzate in macchine agricole, con 150 milioni di fatturato e 400 dipendenti. È eloquente il commento di Enzo Faloci, direttore di Umbria Export, braccio operativo della rete: “Essere qui a EXPO ha per noi un valore promozionale e istituzionale, più che commerciale. Dove altro può capitare di incontrare in un solo colpo 30 operatori da 20 Paesi diversi?” Per un’azienda, appunto l’Agrimech, “nata proprio con lo scopo di sviluppare sotto un unico brand il grado di internazionalizzazione delle sue imprese”. All’Expo 2015 di Milano accade anche questo.