L’inferno della Siria e l’omertà occidentale

Lunedì, 06 Maggio 2013,
La primavera siriana è cominciata quasi contemporaneamente a quella tunisina e libica ed entra ora nel suo terzo anno. Inizialmente pacifici, i movimenti di protesta si sono trasformati velocemente in una guerra civile che ha già fatto più di settantamila morti. Il Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia accoglie giornalisti, venuti a testimoniare l’inferno della Siria oggi, da Aleppo a Damasco passando per Homs. Settantamila morti e circa un milione di profughi sono delle cifre angoscianti: “basta!” esclama Andrea Lacomini, portavoce dell’Unicef Italia. Stessa affermazione per Mimosa Martini e Amedeo Riccuci, rispettivamente giornalisti per TG5 e Rai 3. Insieme a loro, intorno alla tavola, c’è Emilio Fabio Torsello, direttore di dirittodicritica.com; a fianco c’è anche una sedia vuota. La sedia vuota è stata messa lì in memoria di Olivier Voisin, il fotografo Francese che avrebbe dovuto testimoniare al festival, ma che è morto sul campo di battaglia in Siria. Mimosa Martini, collega e amica di Olivier, ci mostra con emozione le sue foto, prese negli ultimi istanti prima che venisse colpito da una granata mortale. In queste foto vediamo prima dei ribelli siriani prepararsi ad affrontare l’armata di Assad, e poi vediamo un immagine dei ribelli che sparano in una trincea. Quest’immagine è stata l’ultima presa da Olivier, l’ultimo momento della sua vita, immortalato dall’obiettivo. Questo dramma, purtroppo, non è l’unico successo in Siria. Dall’inizio della guerra 23 giornalisti sono stati uccisi. Amedeo Ricucci è sfuggito al peggio. È stato rapito ad aprile dai ribelli e poi rilasciato qualche giorno dopo. Il giornalista Italiano era ad Aleppo per mostrare “la quotidianità degli abitanti di una città bombardata ogni giorno”. Spaventati, alcuni sono andati via. Quelli troppo poveri invece vivono sotto le bombe e sono costretti ogni giorno a prendere delle vie dove corrono il rischio di farsi sparare dai cecchini dell’armata siriana, che non fanno differenza tra ribelli, civili, donne o... bambini. E proprio i bambini rappresentano uno dei temi centrali della conferenza. Ne sono morti ottomila, uccisi: la situazione è urgente. Perché in questa guerra i ragazzini non sono dei danni collaterali alla guerra, ma sono proprio dei bersagli per gli uomini di Assad? Oltre ai morti, Andrea Lacomini ci allarma anche davanti ad un'aula inorridita, del fatto che sono stati trovati dei corpi di bambini che sono stati torturati e violentati. I paesi occidentali devono intervenire? Questa domanda politica non riguarda i giornalisti presenti al festival. Loro sono venuti a denunciare l’omertà dei media in Europa e soprattuto in Italia, che raccontano la Siria raramente e solo per evocare brevemente un bombardamento o un attentato. Preoccupata del suo futuro incerto, l’Italia e i suoi media hanno lasciato da parte la questione siriana. Le rubriche d’attualità internazionale hanno parlato della rivoluzione siriana, tuttavia si sono focalizzati maggiormente sulla guerra in Libia,  o più recentemente, su quella del Mali. I reporter fanno quindi un appello ai direttori della stampa, per i quali lavorano, all’opinione pubblica e ai politici. Loro non chiedono l’intervento degli occidentali, ma una soluzione per la pace. Per quei civili che muoiono ogni giorno. E per i milioni di profughi che sono fuggiti dal paese senza soldi, che muoiono di fame, che vivono nelle grotte o "sotto gli alberi", come grida qualcuno nel pubblico. Insomma, è urgente. Matthieu Bragato

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