La moda? Un’industria internazionale con un valore di miliardi di euro, che contribuisce sostanzialmente all’economia globale.
Oltre ad essere un enorme business, possiede un altro valore notevole: ci consente libertà d’espressione, rispecchiando profondamente la personalità e le caratteristiche individuali - quali la cultura e l’etnia, il genere e la sessualità, la religione, le preferenze musicali, la nostra vita nella sua interezza.
In un tempo nel quale l’outfit perfetto è a portata di click, l’incessante richiesta di abiti all’ultima moda, è diventata un grave problema per la nostra Terra.
A causa di una forte sovrapproduzione, le discariche stanno accumulando gli sprechi dei consumatori in materiali che inquinano il nostro pianeta ed il processo di lavorazione - in condizioni spesso disumane - ha scatenato più volte polemiche nel settore della moda.
Diversi gli enti che stanno intervenendo per sottolineare la serietà della situazione tra cui National Geographic, la rivista mensile che invita i suoi lettori ad esplorare il mondo e prendersene cura. Proprio quest’ultimo ha lanciato lo scorso giugno un video shock con lo scopo di sollecitare il pubblico a ridurre l’uso della plastica, la quale sembra ormai aver sommerso la nostra Terra. Secondo i dati registrati su www.sciencemag.org, circa 7 miliardi di chili di plastica finiscono nell’oceano ogni anno.
Tutto questo non significa che siamo necessariamente destinati alla catastrofe: collaborando e coinvolgendo le parti interessate, diverse soluzioni sono state trovate.
4Ocean è nata come iniziativa che si impegna nel ripulire i nostri mari realizzando braccialetti: ogni acquisto promette di rimuovere circa mezzo chilo di spazzatura dall’oceano e dalle coste.
Con lo stesso obiettivo, Pelacase è un’altra impresa sostenibile che vende invece covers “eco-friendly”.
Esistono adesso mille modi per fare acquisti senza danneggiare l’ambiente: negli ultimi anni, numerosi stilisti - affermati ed emergenti - si sono impegnati nella sostenibilità con grande fervore. Utilizzando tessuti organici, attuando una produzione etica e causando zero scarti, le aziende stanno mettendo i loro marchi all’avanguardia del cambiamento sostenibile, perché sanno che ci sono clienti disposti a pagare per un prodotto autentico, di alta qualità, che rispetti l’ambiente.
Per citare solo alcuni esempi: Edun, Alternative Apparel, Organic by John Patrick, Bluer Denim, United by Blue, Pelcor, M Patmos, El Naturalista, StudyNY, Reformation, Riyka, Naja, where Mountains Meet.
Il mondo sta cambiando.
Sta diventando più responsabile: è in crescita quel segmento di mercato alla ricerca di soluzioni consapevoli che, allo stesso tempo, seguano le tendenze.
I benefici per i consumatori non sono infatti di poco conto: oltre ad avere la coscienza a posto, investono i loro soldi in capi d’abbigliamento di altissima qualità, che dureranno a lungo nel loro guardaroba.
Come ci insegna la Baronessa Lola Young, fondatrice e Presidente del Gruppo Parlamentare sull’etica e la sostenibilità “La moda può evolversi in maniera positiva, ma allo stesso tempo possiamo divertirci ed apparire splendidi”.
Vediamo cosa succederà.
Giulia Bellandi