Il settore tessile e dell’abbigliamento umbro, in decisa controtendenza rispetto alla crisi economica generale di cui non si intravede la fine, sta conoscendo una brillante fase di rilancio. Questa è la valutazione che il Centro Studi di Unicredit e la Confindustria hanno espresso nel corso del recentissimo Forum Economia avente per tema: Il Distretto Umbro della Maglieria e dell’Abbigliamento, tenutosi a Perugia il 28 ottobre 2013. Come ribadito da Luciano Bacoccoli, area manager Unicredit per l’Umbria, il settore, pur con qualche sofferenza negli scorsi anni, è attualmente in crescita. La produzione si è riqualificata attestandosi su livelli medio alti e acquisendo un ruolo primario nel mercato di riferimento, in particolare quello estero. La chiave per proseguire su questa strada, secondo Bacoccoli, è costituita da vari fattori quali innovazione, internazionalizzazione, marketing e tutela della qualità del prodotto. La propensione verso i mercati esteri, che assorbono l’80% dell’intera produzione, deve essere supportata da un impegno che renda la qualità del “made in Italy” riconoscibile e apprezzata in tutto il mondo. A tal fine occorre raggiungere il giusto equilibrio fra la tradizione dell’alta artigianalità (un nostro esclusivo e ineguagliabile patrimonio culturale) ed innovazione tecnologica. É pertanto ovvio che i predetti requisiti siano raggiungibili solo mantenendo l’intera filiera produttiva all’interno della nostra regione. È necessario, inoltre, realizzare un sistema di subfornitura flessibile, operare investimenti produttivi, formare nelle aziende e inserire nell’attività i giovani con la loro carica di entusiasmo e creatività. Il distretto del polo umbro del tessile-abbigliamento ha tutti i requisiti raccomandati dagli analisti economici per emergere. Forniamo alcune cifre: il settore tessile e dell’abbigliamento umbro poggia su un sistema capillare di 1700 imprese, con oltre 9000 addetti e un fatturato complessivo di oltre 400 milioni di euro; l’80% della produzione trova apprezzati sbocchi sui mercati esteri a ulteriore conferma della qualità del “made in Italy”. In particolare i Paesi dell’Est e dell’ Estremo Oriente assorbono importanti quote del nostro export. Le vendite all’estero hanno fatto registrare nel 2012 un incremento del 9,8%, più del doppio della crescita nazionale (+4,4%). Il trend ha trovato conferma nel primo trimestre del 2013 con un +7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente a fronte di un dato nazionale che si è attestato a un +2,7%. A questi dati occorre aggiungere che per i grandi marchi è previsto un incremento, per il 2013 fino al +20% con un effetto trainante per l’intera filiera formata da imprese subfornitrici di piccole e piccolissime dimensioni. Si garantisce in tal modo una cultura professionale diffusa e un’adeguata flessibilità. Fra i punti di debolezza vanno annoverati i costi operativi elevati legati alla carenza di collegamenti. Questi ultimi, in particolare quelli aerei e ferroviari, sono gravemente inadeguati e riducono l’attrattiva dell’area. Anche il crescente prezzo dei carburanti incide negativamente su un sistema basato sulla subfornitura che comporta viaggi frequentissimi fra i laboratori. Ultima nota dolente è l’elevato costo dell’energia, vista la specificità di un sistema produttivo dove le macchine per la tessitura e il lavaggio lavorano giorno e notte. Un intervento pubblico che riduca alcune delle criticità esposte è altamente auspicabile.