Un sistema iper-produttivo, digitalizzato e in veloce evoluzione ha alienato l’uomo dalla materia, dal prodotto e da sé, attraverso superficialità e muri imbrattati di vuoti messaggi pubblicitari.
A questo sterile meccanismo si è piegato anche il mondo della moda, principalmente attraverso il cosiddetto “fast fashion”, con prodotti massicciamente standardizzati, pubblicizzati e distribuiti velocemente con il solo scopo concorrenziale. E la cura della merce? L’impatto ambientale della catena di produzione?
La trasparenza delle aziende? Questi sono gli interrogativi posti dalle ultime generazioni che compongono la “Expectation Economy”, definita da David Mattin, Direttore Globale di trend emergenti nel mercato presso l’azienda TrendWatching, come l’economia fondata su un’incessante richiesta di qualità sempre più alta e una scrupolosa attenzione verso i contesti civile, morale ed ecologico.
Come teorizzato dall’esperto di marketing Philip Kotler nel 2010, i marchi adesso devono considerare l’affermarsi del “Marketing 3.0”, per cui i nuovi consumatori cercano autenticità, sensazioni viscerali e valori stabili all’interno di un prodotto.
E chi più dell’artigiano è in grado di restaurare quel rapporto vero ed emotivo, fatto di valori consistenti tra uomo e realtà? Plasma, modella e, come un demiurgo, consegna la scintilla vitale alla materia, dando vita a opere straordinarie. Oscurato dal progresso tecnologico, l’artigiano torna ad essere elemento distintivo di un marchio di moda come ponte tra tradizione e innovazione. La mano artigianale, con onestà e qualità, sovverte il meccanismo intangibile che spinge al consumismo frenetico di merce a basso costo purché “trendy”.
Firenze, culla del Rinascimento, recentemente definita dalla Commissione Ue come quinta per creatività e prima per la sua vivacità culturale tra le grandi città europee, offre un duplice sguardo al mondo artigianale.
Un esempio strettamente legato al passato è la bottega Mannina. La tradizionale maestria calzaturiera custodita sin dagli anni ’50 è costantemente apprezzata da clienti internazionali disposti ad una lista di attesa di cinque mesi, per un paio di scarpe su misura prodotto accuratamente con il miglior pellame delle storiche concerie di Santa Croce sull’Arno. Oltrepassando i canoni conservatori, designer emergenti esprimono la propria visione innovativa di “slow fashion”, fondendo la consacrata tradizione dell’handmade a particolari tecniche pionieristiche. Ne è esempio Officine Nora, il laboratorio co-working di orafi creato nel 2014 da Margherita de Martino Norante, che ospita artigiani gioiellieri da tutto il mondo, aperti ad uno scambio di culture, idee e tecniche artistiche. Assemblando processi lavorativi tradizionali e d’avanguardia ad un’impronta eccentrica e personale, realizzano una “gioielleria emotiva” che vuole educare il consumatore ad un approccio introspettivo.
Decorazioni in filigrana d’argento puro, spille in filo metallico lavorate a uncinetto e anelli realizzati con la tecnica di polverizzazione a base di argento e zolfo risplendono di fascino artistico unico.
Queste due dimensioni dimostrano quanto l’artigianalità sia un campo artistico eclettico per natura, a cui non sono preclusi progresso e innovazione. Poliedriche applicazioni sfidano il contrasto tra tradizione e modernizzazione, riscoprendo il legame indissolubile con un’entità affine, riflesso e anticipazione della società che vuole caricarsi di valori solidi e fondati, la moda.
Giulia Guidi