La customizzazione e la nuova sfida dei brand

Mercoledì, 03 Gennaio 2018,
Moda,
Quella della customizzazione, ovvero “adattare un prodotto, un bene o un servizio, mediante appositi interventi di personalizzazione, alle esigenze e alle aspettative del cliente”, è una pratica da sempre in uso, ma che negli ultimi anni potremmo arrivare a dire che è stata abusata. Se infatti la voglia di personalizzare ed aggiungere quel dettaglio in più per distinguersi, nella maggior parte dei casi, si è sempre espressa attraverso l’apposizione di cifre, basti pensare alla sartoria maschile, negli ultimi anni le frontiere del custome-made si sono spinte ben più in là. Partendo dai brand più blasonati e roccaforti del lusso fino ai più commerciali, oggi nessuno può fare a meno di offrire al proprio pubblico questo servizio. È così che Louis Vuitton, tra i primi insieme a Fendi, offre ai suoi clienti la possibilità di scegliere i colori delle fasce della propria valigeria, oltre a poter cifrare non solo i bagagli ma praticamente qualunque prodotto della maison. In seguito ad adattarsi a questo trend sarà Prada con la possibilità di adeguare gli occhiali ai propri gusti e desideri, Burberry propone addirittura la stampa delle proprie iniziali sul capospalla di sfilata. Ebbene se questi esempi rientrano tutto sommato in una casistica non eclatante, la stessa cosa non si può dire in riferimento ad altri brand. Gucci è sicuramente il marchio che in tempi recenti ha scelto di fare del customizzato uno dei suoi cavalli di battaglia; non solo cifre, bensì l’istituzione all interno delle proprie boutique di veri e propri salottini dedicati alla personalizzazione del prodotto, dove i clienti possono comodamente selezionare i materiali in diversi colori, i patches, le scritte e le lettere dei propri desideri per dare vita non solo alla propria borsa o alla propria scarpa ma anche a capispalla ed abiti. Come detto in principio un’usanza non solo delle bandiere del lusso ma anche dei brand più commerciali e dai prezzi più contenuti e perciò più largamente accessibili. Si guardi a Nike, che ha dato forma a Nike Id, un servizio nato per permette di creare il proprio modello di sneaker sia presso gli stores monomarca sia sul sito ufficiale Nike. A seguire questo esempio è stata Adidas, mentre e nel settore food &beverage fanno grande eco le lattine e bottigliette della Coca-Cola che sostituisce il proprio nome con nomi di persona o messaggi che riprendono il linguaggio informale, per avvicinarsi di più al consumatore, stessa identica strategia adottata dalla Nutella con i suoi iconici barattoli. Se a questa tendenza accostiamo il ritorno in pompa magna della logomania in una forma ossessiva e ossessionante è facile capire che il risultato è un mix esplosivo per quanto riguarda il potere a livello comunicativo e pubblicitario. Potremmo arrivare alla conclusione che il consumatore diventa esso stesso promotore del brand che indossa e verso il quale nutre un devoto senso di appartenenza proprio grazie alla personalizzazione. Più che un lusso e un vezzo da dandy, la si può definire come un’ottima politica di marketing. Angela di Leone

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