L’isola croata del Molise

Da oltre quattro secoli, una nicchia di cultura balcanica è rimasta viva in tre paesi molisani dove addirittura si parla un idioma tipico e in alcuni casi le insegne stradali sono in doppia lingua

04.12.18 , Lifestyle , Andrea Mastrangelo

 

L’isola croata del Molise

Il Molise è talmente piccolo da riservare sempre sorprese enormi. Vi sembrerà strano ma tre piccoli comuni della ventesima regione d’Italia sono la culla preziosa di una cultura serbo croata che si conserva da circa quattrocento anni. Parliamo di Acquaviva Collecroce, Montemitro e San Felice del Molise. In questi ridenti paesini, i cui centri storici conservano una bellezza antica rimasta inalterata per secoli, non è difficile imbattersi in qualche simpatico gruppo di anziani che si esprimono in un idioma a noi spesso incomprensibile; come, al contempo, non c’è da rimanere stupiti qualora ci si trovasse dinanzi ad un’insegna stradale in doppia lingua. Ma come mai questa piccola zona, quanto affascinante sconosciuta, rappresenta a tutti gli effetti una vera e propria “Isola Croata” del Molise? Leggiamo dal sito dell’Istituto centrale della Demoetnoantropologia: «I primi contatti degli slavi provenienti dall'altra sponda dell'Adriatico, lungo le coste molisane, avvennero agli inizi del XIII secolo, per motivi economici, commerciali e culturali. Risale infatti al marzo 1203 un primo trattato commerciale tra la già fiorente Repubblica marinara di Ragusa in Dalmazia ed il piccolo porto molisano di Termoli per la concessione della isopolitìa […] Con la conquista di Costantinopoli, avvenuta nel 1453, i Turchi iniziarono l'espansione verso i territori settentrionali, abitati da popolazioni slave. E, com'era accaduto alle popolazioni albanesi qualche decennio prima, sin dal XVI secolo le nuove migrazioni furono originate dalle invasioni turche. La Repubblica di Venezia e il Regno di Napoli agevolarono gli insediamenti lungo le coste adriatiche per ripopolare le terre che, in quegli anni, erano rimaste abbandonate a seguito del vastissimo terremoto del 1456 e della Peste del 1495». Tra gli altri paesi già slavi, Palata, ormai italianizzata nella parlata ma i cui abitanti hanno conservato i cognomi chiaramente di origine croata, è forse l'unico abitato che aveva una testimonianza lapidea con una data precisa. Da più fonti infatti era riportata la seguente scritta, incisa sull'architrave della porta d'ingresso alla Chiesa parrocchiale di Santa Maria la Nova: ‘hoc primum dalmatiae gentes incolu e re castrum ac a fundamentis erex e re templu anno domini mdxxxi’ (Le genti della Dalmazia abitarono in questa prima località - ed eressero la Chiesa dalle fondamenta Nell'anno del Signore 1531). Testimonianza ancor più tangibile rimane la lingua parlata. Sempre facendo riferimento al sito web citato in precedenza, leggiamo: «L'idioma parlato dalla minoranza è sostanzialmente l'antica lingua croata del tipo štòkavo-ìkavo, in uso nella Dalmazia centrale, nel retroterra croato e in Erzegovina. Secondo alcuni studiosi, si tratta di un idioma conservato da circa quattrocento anni (denominazione propria naš jezik - la nostra lingua, forma avverbiale "na-našu" o "na-našo" - al modo nostro; altre denominazioni: slavisano - slavo molisano - lo slavo, in croato moliškohrvatski), con una fisionomia eminentemente pratica, appunto perché parlato in prevalenza da contadini. L'antica lingua croata è, oggi, usata soprattutto nei rapporti familiari e nelle relazioni interpersonali. Essa è stata trasmessa per cinque secoli con la sola tradizione orale e non esistono infatti tracce di scritti, se si escludono alcune poesie».Questo è, senza ombra di dubbio, un angolo stupendo di quel Molise che aspetta soltanto di essere scoperto.

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