Spreco alimentare e fame nel mondo

Martedì, 14 Luglio 2015,
Approfondire il tema dello spreco alimentare nel mondo e compararlo con le necessità di pura e semplice sopravvivenza di una troppo grande “fetta” di umanità significa immergersi a fondo nel ginepraio delle statistiche. Limitandoci allo stretto essenziale cominciamo con una “fotografia” che è già di per sé abbastanza eloquente: secondo i dati più attendibili forniti dalla Fao, ogni anno vengono sprecati nel mondo 1,3 miliardi di tonnellate di alimenti, pari a un terzo della produzione globale. Nessuna parte del mondo può chiamarsi fuori da questa responsabilità che compete per il 56%  ai Paesi sviluppati e per il restante 44%  ai Paesi in via di sviluppo. All’Expo di Milano si è manifestata una forte sensibilità verso questo tema e sono stati riferiti dati che evidenziano una situazione  intollerabile sotto il profilo etico: un miliardo di persone nel mondo soffre la fame. Fra questi vi sono duecento milioni di bambini, molti dei quali non arrivano a compiere i cinque anni. Nello stesso tempo cresce rapidamente il problema dell’obesità e non solo nei Paesi “ricchi”, con circa mezzo miliardo di persone obese e un miliardo e mezzo di persone in sovrappeso. I soggetti appartenenti a questo gruppo sono quindi il doppio di quanti soffrono la fame. Ancora più paradossale è la situazione di molti Paesi in via di sviluppo, con reddito medio, che si trovano oggi a combattere contemporaneamente sia la fame che l’obesità. Ancora un dato significativo proveniente dall’Expo: nel 2050 gli abitanti della Terra supereranno i nove miliardi e la produzione agricola dovrà aumentare del 60%. A fronte di quanto sopra è inevitabile la domanda: a quanto potrà mai servire l’eliminazione degli sprechi alimentari? Un semplice esempio, senza voler colpevolizzare nessuno: negli Usa, Paese nel quale l’obesità è un problema particolarmente acuto, ogni anno si registrano 400.000 decessi correlati a questa condizione (diabete dilagante, infarti, cancro ecc.). Nonostante ciò gli sprechi alimentari di questo Paese basterebbero da soli a eradicare totalmente la fame nel mondo. Venendo alle cose di casa nostra, l’Osservatorio Waste Watcher (organo della Fao) quantifica, probabilmente per difetto, in 8,1 miliardi di euro/anno lo spreco alimentare domestico italiano, valore che corrisponde a 5,5 milioni di tonnellate di cibo buttato via. Si tratta di dati che si commentano da soli se pensiamo che in Italia la popolazione indigente che dipende dal sistema assistenziale di distribuzione degli alimenti supera i quattro milioni di individui. In Umbria, secondo un’indagine Ipsos, i cittadini sembrano abbastanza consapevoli della necessità di fare attenzione ad acquistare lo stretto necessario (59% degli intervistati), collocando così la regione in un virtuoso terzo posto nella classifica generale delle regioni italiane. Merita particolare rilievo, in Umbria, l’azione del Banco Alimentare Umbria, il cui dichiarato obiettivo principale è contribuire alla soluzione dei problemi della denutrizione, dell’emarginazione e della povertà mediante la raccolta delle eccedenze di produzioni agricole e dell’industria. La rete del Banco Alimentare recupera i prodotti attraverso quattro principali canali: l’Unione Europea, l’industria alimentare,   la Grande Distribuzione Organizzata, la ristorazione collettiva. Permane, comunque, un’evidente carenza di una vera cultura del consumo. A questo riguardo l’Unione Nazionale dei Consumatori ha stilato un decalogo di semplici regole da seguire per evitare gli sprechi. Ricordiamo fra queste:” Prima di andare al supermercato preparare la lista della spesa, pianificando i pasti della settimana”. Segue: ”Scegliere gli alimenti con una vita residua più lunga”. Il decimo consiglio, per i nostalgici, è quello della nonna: ”Prima di buttare, aprire, odorare, assaggiare e poi decidere”. Le nonne non ingannano mai.

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