Fabrizio Ravanelli, dal calcio giocato al sogno di allenare una grande squadra

Martedì, 29 Luglio 2014,
Con un glorioso passato da calciatore di primissimo piano sia in Italia che all’estero, nella Juventus, Lazio, Middlesbrough, Marsiglia, Derby County e Dundee, Fabrizio Ravanelli vanta nel suo palmarès una sfilza di successi tra scudetti e Champions League e tre anni con la maglia della nazionale. Un umbro di Perugia, anzi di Mugnano, che con le sue straordinarie vittorie, con la sua grinta e passione messa sul campo, ha sempre acceso gli animi di sportivi, tifosi e addetti ai lavori. E a Perugia continua ad essere molto amato. Fabrizio Ravanelli, tra le numerose storie di successo e gioia, quali sono gli aneddoti che ricorda con maggiore entusiasmo? “Quello che ricordo con più emozione è la chiamata di Giovanni Agnelli nel suo ufficio prima della finale di Champions League. Mi fece vedere tutti i trofei della Juventus e delle sue imprese. Poi mi disse che sarei diventato il capitano della Juventus. Questa notizia mi diede una grande carica per prepararmi alla finale di Champions che poi vincemmo anche con un mio goal. Un altro aneddoto che ricordo particolarmente fu quando il presidente Giampiero Boniperti chiamò mio padre all’una di notte per comunicargli il mio primo passaggio alla Juventus. Prima della firma volle conoscere tutta la mia famiglia. Da calciatore ho dei ricordi particolarmente belli, dalla vittoria degli scudetti con la Juventus e con la Lazio, la coppa Uefa, la Champions League. Fui onorato anche della telefonata di Giovanni Agnelli alle sei di mattina per farmi i complimenti dopo la partita del Middlesbrough (dove mi ero trasferito), contro il Liverpool con tre miei goal, che venne definito il miglior esordio nella storia del calcio inglese”. Come ha vissuto l’esperienza all’estero? “Positivamente. Nuova cultura, nuove sfide. Quando arrivai a Middlesbrough nel 1996 ero sposato con un bimbo di tre anni. Non mancarono le prime difficoltà, ma questa esperienza mi ha segnato sotto tutti i punti di vista, dando anche la possibilità ai miei figli di apprendere la lingua inglese, e quindi culture diverse. La qualità dello sport in Inghilterra si percepisce in modo tangibile, mentre in Italia è molto più esasperato. Il tifoso vero crede nello sport e nel giocatore, e alla fine della partita magari va a bere una birra insieme agli avversari. Per me tutte queste cose sono state lezioni di vita che mi hanno dato l’opportunità di vedere e vivere lo sport sotto altri punti di vista e con approcci differenti”.  Dopo la carriera da calciatore, di cosa si è occupato?  “Finita la carriera da calciatore, ho subito preso la licenza a Coverciano per diventare un allenatore. Nel frattempo lavoravo a Mediaset come commentatore sportivo di partite di calcio. Poi ho cominciato a fare le prime esperienze alla Juventus, dove sono stato per due anni. Da lì sono passato ad allenare l’Ajaccio, e sebbene non sia andata molto bene, mi è servita per capire alcune cose e fare tesoro anche di esperienze negative”. Passiamo al passaggio del Perugia in Serie B. Come vede la squadra nel prossimo campionato cadetto? Le piacerebbe poter allenare il Perugia?  “Il Perugia ha fatto un percorso straordinario, credo che non sia facile lottare per tre anni sempre ai vertici alti della serie C e non riuscire a ottenere la promozione. Il presidente Santopadre ha fatto un grandissimo lavoro, ha avuto la costanza di guardare avanti e ripartire a testa bassa dopo la sconfitta contro il Pisa. Andrea Camplone è stato anche lui molto bravo, e alla fine è stato premiato. Spero che il Perugia possa ritornare prima possibile in Serie A. Ce lo auguriamo tutti, non solo i tifosi ma l’intera città. Per me sarebbe bello poter allenare un giorno il Perugia, è qualcosa in cui spero e auguro che si possa avverare”.  Lei ha diversificato i suoi investimenti anche nel settore della ristorazione. Pensa di espandersi anche fuori regione con questo format? “Dopo Perugia e Gubbio, mi piacerebbe poter andare in Inghilterra e sviluppare questo tipo di imprenditoria oltre manica. Credo molto nella ristorazione in Inghilterra dove ho potuto constatare che il cibo italiano piace molto e si può avere successo nel settore della ristorazione, magari anche con l’aiuto dei miei figli”. Che progetti ha in cantiere per il futuro?  “Vorrei tornare ad allenare il prima possibile una grande squadra con una programmazione e una società che possa coinvolgermi in maniera totale perché allenare è una cosa che mi esalta, mi affascina e mi dà energia”.

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