I formaggi: dai latini ai greci, dai francesi fino al Belpaese

Mercoledì, 21 Maggio 2014,
Formaggio sì, formaggio no. Indiscusse qualità di gusto per un alimento sano, ma da mangiare con moderazione Il formaggio è grasso. Inutile ci vengano a dire che è un alimento magro. Un formaggio magro non esiste. Infatti nei formaggi il loro contenuto in grassi può soltanto variare: oltre il 40% in quelli più grassi; tra il 20 e il 40% nei semigrassi; sotto il 20% in quelli “magri”. Di contro, a loro favore, abbiamo le percentuali di proteine, calcio, potassio, fosforo, vitamine A e B che ci regalano. Ma è il gusto che in questo prodotto la fa da padrone. Scegliamo un formaggio perché ci piace. E spesso, chi lo ama, lo adora in tutte le sue varianti italiane e straniere. E anche in Umbria non possiamo non avere con noi in tavola il nostro pecorino variamente stagionato, di gusto più o meno marcato, più dolce o più saporito, diversamente lavorato. Latte ovino, sapore intenso, ottimo se accompagnato da composte o marmellate di frutta o miele di montagna e dai nostri stupendi vini muffati orvietani. Il pecorino è la verità del nostro territorio, contiene in sé le erbe e il soffio del vento dell’Appennino. E in cucina, dal semplice uso come condimento nei piatti tipici che senza di esso non sarebbero tali, al suo impiego negli sformati, nelle crostate e nei dolci, fresco o stagionato e grattugiato, il pecorino ha un campo di possibilità vastissimo, ancora in parte inesplorato. Esistono comunque anche ragioni salutari per consumare prodotti caseari: i microrganismi “buoni” presenti in essi, detti “probiotici” proprio perché sono alleati preziosi della salute dell’uomo, cioè esercitano una funzione protettiva e benefica sul nostro organismo. Infatti alcuni batteri lattici sono in grado di produrre le batteriocine, sostanze attive contro i batteri patogeni, e che regalano in più sapore e aroma. La fermentazione lattica viene da tempi antichi sfruttata dall’uomo a suo beneficio, ma lo sfruttamento cosciente e razionale dei batteri lattici è iniziato soltanto un centinaio di anni fa. Alcuni alimenti che subiscono la fermentazione lattica, assumono così caratteristiche chimico-fisiche, organolettiche, nutritive, ma anche sensoriali, cioè di gusto, differenti e spesso anche migliori di quelle del prodotto di partenza. Senza contare che hanno una “naturale” maggior conservabilità e quindi un più alto grado di sicurezza d’uso. Nel 1857 Pasteur scopre la matrice microbica delle fermentazioni; nel 1878, Lister isola in coltura pura il Bacterium Lactis, oggi Lactococcus lactis, permettendo, nel 1890, la prima coltura starter per la produzione di formaggi. Oggi, il rafforzamento dell’idea del binomio alimento-salute, fa crescere l’attenzione verso alimenti che abbiano effetti benefici verso una o più funzioni del nostro corpo, diventando alimenti funzionali. La storia del formaggio? Antichissima. Basta seguire il suo nome presso i popoli del mondo antico. Con kuat-s-ejo, gli Umbri, il più antico tra i popoli italici del quale è rimasta testimonianza scritta nelle Tavole Eugubine, chiamavano il caglio, l’elemento misterioso che fermenta e diventa formaggio. I Latini lo chiamarono “caseus” dalla radice indoeuropea kuat che significava “fermentare, inacidire”. A partire dal lontano “kasio” umbro e dal latino “caseus”, sono nati il tedesco “käse” e l’inglese cheese; l’irlandese arcaico “cais”, il gaelico scozzese “caise” o il celtico “caashey”; il gallese “caws”, l’antico bretone “keuz” o il rumeno “caş”, fino allo spagnolo “queso” e al portoghese “quejo”. E il nostro vocabolo “formaggio”? Dai Greci, che lo chiamavano “formos”, dal paniere di vimini dove quel latte cagliato veniva messo in forma, che nel tardo latino sarà “formaticum”, l’alimento che stagionava nelle forme. Nel francese antico sarà “fromatage”, che nei secoli si affinerà in “fromage” e la parola italiana sarà un prestito di ritorno dal francese.  Se parliamo di gusto la “cosa si fa seria”: nel Belpaese sono state censite ufficialmente 450 diverse tipologie di formaggio. Quello di maggio era ed è il migliore in assoluto per profumi e aroma, perché era il periodo dell’erba fresca e del  pascolo ricco di fiori ed erbe spontanee ed il latte sapeva di Natura. Da noi si chiama Cacio fiore o Caciotta: possiamo anche scegliere quello fatto con caglio vegetale, cioè creato con quelle piante che hanno potere coagulante come i fiori di cardo e carciofo. “Nel mese di maggio provvedi legna e formaggio”, cita un famoso proverbio italiano. Possiamo crederci.

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