C’è patata e patata. A pasta bianca o gialla, ma anche patate a buccia rossa, dalla polpa soda che le rende indicate per le cotture intense quali forno, cartoccio e frittura. E ancora patate viola e patate blu. Senza contare le “novelle”, ottime se consumate anche con la loro sottilissima buccia. Per gli gnocchi, per il purè, per le crocchette o per le insalate, da lessare, da friggere o cuocere in forno: un mondo di patate per un mondo di gusto. La patata è affettuosamente considerata un’amica a tavola, a cui ricorrere spesso, un’alleata di ogni piatto. Frugale, amica patata, resistente e di poche pretese; cresce ovunque, anche nelle zone più fredde o aride; cresce in fretta e anche in poco spazio, cresce da sola, infatti basta conservare qualche patata del raccolto precedente per dar luogo ad un nuovo raccolto. Sostanziosa e riempitiva, la patata ha indubbiamente il vantaggio di saziare alla svelta, il che ne ha fatto il cibo soprattutto delle zone montane e isolate, lontano dalle grandi direttrici. Infine, come ci insegna l’agricoltura più antica, la patata ha il pregio di “rinforzare” i terreni in cui viene coltivata: un terreno coltivato a patate l’anno dopo è più fertile. Già conosciuta dalla metà del’500, e “reclamizzata” come cibo nutriente dai frati dei conventi - “Si piantano in buon terreno, fresco e umido, le patate, portate nuovamente qua di Spagna e Portogallo dalli reverendi Padri Carmelitani Scalzi, si mangiano in fette o a guisa di tartufi o di funghi, fritte e infarinate o nel tegame con agresto, e sono aggradevoli al gusto con sapore di cardoni e moltiplicano innumerabilmente e facilmente si cuociono e son tenere” (Trattato del 1606) -, la patata nella sua storia riesce ad affermarsi molto più tardi, influenzata da una diffidenza nei confronti di ciò che "cresce sottoterra". Si arrivò persino ad affermare che il suo consumo diffondesse la lebbra e che comunque fosse un “cibo flatulento” (Enciclopedie del 1765).Ci furono anche casi di intossicazione, causati dall'esposizione prolungata dei tuberi alla luce (come è noto l'esposizione alla luce dei tuberi fa sviluppare la solanina, sostanza tossica), tutti fatti enfatizzati nei racconti popolari che ebbero un effetto dissuasivo al consumo. Solo nell’800 cominciò a diffondersi massivamente il suo uso, perché in fondo era buona, nutriente e sfamava intere famiglie. Alla fine dello stesso secolo l'avvocato ed agronomo Giovanni Vincenzo Virginio si adoperò per cercare di diffondere la patata, pubblicando nel 1799 in Torino presso la Stamperia Reale, il Trattato della coltivazione delle patate o sia pomi di terra volgarmente detti tartuffle, dato in luce dall'avvocato Vincenzo Virginio, Socio ordinario della Reale Società agraria di Torino e di altre Accademie, dedicato agli accurati Agricoltori del Piemonte ed arrivando a distribuire gratuitamente patate al popolo a scopo promozionale. Nel 1802, il Prefetto di Cuneo Giovanni Lorenzo De Gregori in una sua relazione scriveva: "...Una coltivazione molto utile incomincia ad introdursi nelle Valli del Po e della Stura, quella delle patate; io faccio tutto il possibile per diffonderla e per farne conoscere i vantaggi; ho il piacere di vedere che fa progressi ed è da sperare che fra poco tempo sarà d'aiuto al montanaro...".
IL PRODOTTO
In Umbria, nelle zone dell’ Altopiano di Colfiorito, l’antica Plestia, vienecoltivata con successo sin dagli anni ‘60 la Patata Rossa, prodotto agroalimentare tradizionale, che appartiene alla varietà olandese Désiré. Tale tubero è riuscito ad ambientarsi perfettamente nel montuoso altopiano, perché predilige le zone piovose, i terreni sabbiosi e le basse temperature; ha inoltre un’ottima resistenza ai parassiti e alle malattie. Di forma ovale e allungata, la Patata Rossa di Colfiorito si riconosce perché presenta una buccia sottile e ruvida, dal caratteristico colore rosso opaco, che protegge una croccante polpa paglierina. Ottime e molto versatili in cucina, entrano anche nella fabbricazione di pani, pizze e ciambelle dolci. Alla Patata rossa di Colfiorito, riconosciuta Igp dal 1998, si è affiancata con successo la Patata bianca di Pietralunga, studiata, in collaborazione con la facoltà di Agraria dell’Università degli studi di Perugia, per le sue caratteristiche derivate dai terreni in cui viene coltivata: terreni che presentano alti tassi di fosforo e medio alti di potassio. Ancora Patate “speciali” sono quelle bianche dell’Altopiano di Gavelli a Sant’Anatolia di Narco, dove in alto, oltre le rocce e i boschi, vi sono le verdi praterie del monte Coscerno. Le patate sono ricche di vitamina B1 e B6, oltre che di Acido Folico, di minerali e persino di vitamina C, soprattutto quelle appena raccolte. Sono però anche ricche di amido e quindi il modo migliore per potercele permettere è lessate, calde, cosparse con un filo di olio extra vergine di oliva. Una delizia!