Piccolina, bianca, polposetta, con un certo allure un po’retrò e quindi molto à la page. É la fagiolina del lago Trasimeno. Con quel piccolo puntino nero, un piccolo occhio, che l’ha fatta assomigliare da sempre al chicco di riso, con cui spesso si è sposata, “assumendone” persino il nome e diventando “risina”. Un matrimonio d’interesse, ottima lei, buono lui, entrambi salutari, per una armoniosa unione nel piatto. E da lì sono nati tanti modi di interpretarla, sempre unica però e originale, scevra da ogni tradimento, se non per qualche scappatella con l’amico farro o con l’orzo, entrambi antichissimi amici di piatto, per zuppe salutari che sanno di buono. Si riconosce subito in bocca la nostra, lontana da tante imitazioni perché più piccola, piccola perla oblunga, da non confondere con le tante copie che girano, lievemente più grandi e meno polpose e sicuramente più sfatte nel piatto. Come tutti i prodotti autoctoni, parla del suo areale che è quello soltanto, con i suoi venti e la sua terra e il lago a donare la giusta umidità. Dismessa nel dopoguerra, quando il boom ci ha portato altre cose da mangiare e volevamo quasi dimenticare quello che, gioco forza, ci aveva nutrito quando non avevamo altro, e il gusto finalmente si è sentito libero di poter spaziare verso più colorati, più gai, più grassi cibi di opulenza vestiti. Ma lei è tornata. Recuperata dai richiami del salutare, che oggi, circondati da cibi troppo artefatti, cerchiamo; richiamata anche da piatti poveri che possano nutrire con dignità e amore in tempi di crisi, quelli che ci parlano di come eravamo, certi e sicuri di mangiare tutto quello che era buono e faceva bene. Ricoltivata, accompagnata al riso, da sempre, ma anche da sempre servita sola, questa bianca piccola polposa realtà, con un filo d’olio crudo, e non c’era bisogno una volta di specificare extra vergine. E insieme a quella fetta di pane che spesso avanzava e a una macinata di pepe - che ci sta di un bene- fresco e profumato pepe nero, a ricordarle dove è nata, il mediterraneo.
IL PRODOTTO
Questo prodotto di gusto e facile preparazione, è tipico della zona del lago Trasimeno, da cui prende il nome. Originaria dell’Africa, arrivata con gli Etruschi e con i Romani, ha rischiato di estinguersi, anche per la difficoltà della coltivazione (la raccolta è scalare e viene fatta mano), e solo grazie alla sinergia tra alcuni agricoltori, l’Università degli Studi di Perugia e la Provincia di Perugia, si è ripresa la sua coltivazione. Dal 2000 è Presidio Slow Food. La fagiolina, seme piccolo, buccia sottile e pasta compatta, sapore gradevolmente erbaceo, e di colore bianco o bianco-crema o variamente screziata a dimostrare ancor oggi una storia di biodiversità, non necessita di preventivo ammollo e cuoce in meno di un’ora.Con la fagiolina si creano gustosissimi piatti: servita in bruschette insieme a una dadolata di ortaggi o insieme a uova di carpa regina o con crostini di patè di tinca affumicata; in crema, come ripieno di innovativi ravioloni o servita come mousse con cipolla croccante di Cannara. Perfetta se abbinata a filetti di pesce persico, per un effetto monocromatico, o invece con il nostro tartufo a scaglie per un effetto bianco-nero, quasi optical. Con questo legume possiamo preparare addirittura dei dessert, come lo sformato di fagiolina e farina di mais con zabaione guarnito di cioccolato fondente, oppure tortini di fagiolina del lago da servire con un gelato all’olio.