Vittorio Sgarbi critico d’arte e collezionista

Martedì, 02 Febbraio 2016,
Critico, storico e collezionista d’arte, Vittorio Sgarbi  si è sempre fatto distinguere per la sua intelligenza e la sua schiettezza. Come sono cominciate le tue passioni per la pittura, la scultura e l’arte? “Queste passioni sono cominciate molti anni fa, 50 anni fa, con delle visite ad artisti fatte con mio padre, il primo era Augusto Murer a Falcade, e il secondo era Luigi Solferini a Livorno, e quindi vidi delle opere di artisti contemporanei; poi quando ero in collegio vidi delle incisioni di Neri Pozza, che era un  altro artista molto sofisticato. Sono le prime cose che ho visto poi andando avanti ne ho viste altre che hanno contribuito ad accrescere la mia curiosità e il mio interesse”. Riceverai tanti inviti come fai a decidere in quali gallerie andare? “Per quello che riguarda l’arte contemporanea o vado alle Gallerie dove sono il curatore e quindi ho un ruolo attivo, oppure telefono al gallerista e generalmente quando la Galleria è chiusa vado a vedere autori che mi sembrano stimolanti e originali, quindi non ho una visione così obbligatoria”. Qual è l’artista in assoluto che preferisci? “Nessuno, me ne piacciono tanti come le donne, però probabilmente il più grande di tutti, aldilà del mio giudizio, per le emozioni che riesce a dare oltre il tempo e per essere il precursore di artisti molto più vicini a noi, è Velazquez, pittore del ‘600 che appunto anticipa l’arte contemporanea. Da questo punto di vista è probabilmente l’artista più grande”. Quanti dipinti possiedi nella tua collezione? “Quadri, sculture, oggetti, dipinti, ne avrò qualche migliaio, quattromila”. Nel tuo libro “A regola d’arte” dai dei consigli su come interpretare un quadro, puoi dirmene qualcuno? “I quadri antichi vanno visti anche di dietro per vedere che storia hanno, i quadri d’arte contemporanea sono molto più legati a delle variabili che sono il gusto personale, il mercato, la moda, si può dire che l’arte contemporanea più importante sia quella meno conosciuta, di artisti che hanno la loro intensa drammaticità, come un grande pittore morto da qualche anno, si chiama Cremonini, che amava l’arte implicata rispetto all’arte applicata. L’arte applicata è quella che crea cose che sembrano formule pubblicitarie, che crea comunicazione, mentre l’arte implicata è quella che ti fa sentire il dolore del mondo o il disagio degli individui, le crisi, ti coinvolge, ti prende, è qualche cosa che stabilisce un rapporto di empatia e di comunicazione tra due persone, chi guarda e chi ha dipinto”. Come definisci la bellezza? “Per me non significa niente di più di quello che deve essere, nel senso che la bellezza è un dato oggettivo, un insieme di armonia, equilibrio, questo è quello che s’intende per bellezza classica, poi ci sono le espressioni contemporanee che sembrano indicare lacerazioni e poi la bellezza ha dei canoni che cambiano con le epoche e con i tempi”. Cosa significa per te l’amore? “L’amore è un istinto che è determinato dalla bellezza, dagli affetti e da una quantità di altre cose”. Hai una mamma con un carattere molto forte, cosa ha rappresentato nella tua vita? “Mia madre è per me come una compagna di battaglia cioè qualcuno a cui ti puoi confidare se hai un obiettivo da raggiungere, se hai bisogno di sostegno; la funzione della madre generalmente per i figli è questa. Poi in età adulta o sei tu che sostieni lei, oppure diventa come un tuo socio, un associato, soprattutto poi essendo disinteressata la sua condizione di rapporto di madre e figlio è ideale per compiere crimini, delitti, grandi imprese, conquiste, quindi da una funzione di tutela della madre quando si è piccoli, si passa a quella di associazione a delinquere”. Hai dichiarato “Sono contrario alla paternità” cosa intendi? “Sono un padre del caso, per dirla così. Sono un genitore, come mi definisce mio figlio, che non ha avuto intenzione, come mio padre, di fare un figlio o una famiglia; credo che i figli nati fuori dalla famiglia tradizionale sono delle creature che non sono legate alla volontà di costruire qualcosa, a un progetto familiare, quindi è in questo senso che non ho alcun istinto paterno; poi però se i figli nascono perché c’é un istinto che chiama, allora questo determina una genitorialità. Uno è genitore senza essere padre”. Qualche volta ti sei pentito di qualcosa che hai detto? “No, difficilmente..certe volte ho provato pietà per quelli che ho aggredito, ma questo dipende da un fatto di compassione umana, la reazione è stata determinata non tanto dalla volontà di fare danno a qualcuno, ma di stabilire dei principi corretti a fronte di principi sbagliati sostenuti da qualcuno che poi diventa la vittima della mia ira; in realtà verso la persona provo veramente sentimenti di compassione, verso le idee provo potenti contrapposizioni che si manifestano in cazziatoni a danni di qualcuno, ma in questo caso quel qualcuno rappresenta valori e principi o contrapposizioni che io contrasto”. Hai avuto una brillante carriera televisiva, teatrale e politica quale preferisci di più? “Non intento la mia vita divisa, per cui intendo che tutto sia espressione di una stessa necessità e di una stessa condizione umana, questo valeva anche per D’Annunzio. Ci sono delle persone che si esprimono focalizzandosi su una cosa e fanno il poeta, il musicista, ce ne sono altre che hanno volontà di distribuire la propria creatività e tentare strade diverse in cui si manifesti il proprio talento o la propria creatività. È un fatto che non si può controllare, nel senso che uno potrebbe tranquillamente fare una cosa sola, ma non è che le altre sono distrazioni come qualcuno pensa che lo portano fuori da quello che sarebbe il suo principale merito o capacità. Uno è spinto in una direzione o in un altra a secondo della sua natura, ci sono alcune nature più versatili e più desiderose di sperimentare e altre che invece si focalizzano, nel mio caso tutte le mie attività sono forme di un’unica natura”.

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