Rapporto tra coscienza e azione, tra morale e pensiero libero, tra la laicità della pienezza e concretezza delle forme e la spiritualità del vuoto come varco di salvezza. In perenne oscillazione “rotante”. Le sculture di Romano Mazzini, entrando al Cerp, si armonizzano con le volte e le pareti, con le loro tinte di cemento colorato, terracotta, gesso, bronzo, cera, che riflettono tecniche amate e apprese a Faenza e perfezionate a Deruta. La Cattedrale futura, gesso del 1996, svetta come bianca porta aperta all’umano credo o comunque rifugio anche per la laicità che si nutre di sola bellezza; allo stesso modo cattura la Città rotante, un “faro” che col movimento illumina un sistema orbitante delle cupole, in fondo un pensiero che vuole andare oltre, che vuole abbracciare, a trecentossessanta gradi, l’umano scibile e forse anche l’inesplicabile, affermando il tema delle città ideali, sempre rotonde, a simulare in sfere di perfezione un principio e una fine. Nella Sfera della città ideale, il nucleo centrale è rivestito di oro bianco, preziosità riflettente il cuore pulsante del nucleo. All’ingresso della mostra una scultura in cemento rosato riflette l’amore, Amanti per l’eternità, scivolati, sorretti, abbracciati l’uno accanto all’altro, quasi a confondersi, compresi l’uno dell’altro, complici di una quieta serenità raggiunta. La Madre invece appare scultura come ripiegata, racchiusa nella sua nuda carnalità che sorregge una cattedrale aperta al mondo, come se la fisicità abbia il compito di sorreggere un pensiero etico. Al centro della stanza più ampia, e dedicata a Treboniano Gallo, due cattedrali si fronteggiano: una Abbazia delle nubi, in refrattario colorato del 1997, appare come costruzione del pensiero futuro sia esso religioso o laico, e una Cattedrale bianca, refrattario, 1996, così splendente di luce di qualunque credo del mondo, affascinante varco con le sue fughe prospettiche alternate a scorci di angoli chiusi. In un’altra stanza il loro opposto, anzi il loro rovesciamento in Catacombe: cattedrali arrovesciate all’interno, permanendo le aperture, i varchi e le fughe di salvezza antica. I disegni esposti sono una vera novità: l’artista era così restio alla loro pubblicazione, ma è un regalo osservare questi studi e bozzetti per soggetti di architettura a carboncino o rossi di terre, alcuni di loro hanno una grande autonomia, come se il tratto, il disegno fosse andato, fuggito poi per altra via oltre l’intuizione sia essa a tema religioso che invece laico, spesso uniti e confusi da una comune anima, da un comune pensiero. Città ideali invisibili, cattedrali invisibili, quasi architetture volanti e comunque sempre aperte da fughe prospettiche. Aperte a una duplicità di interpretazione: pensiero e anima, corpo e afflato. Semiotica e strutturalismo uniti insieme, simboli e forme come nelle città invisibili di Calvino. Perché come Calvino stesso ha affermato, in una conferenza del 1983 alla Columbia University a New York: "non c’è una sola fine delle Città invisibili perché questo libro è fatto a poliedro, e di conclusioni ne ha un po' dappertutto, scritte lungo tutti i suoi spigoli". Così nelle Città ideali e nelle Cattedrali di Romano Mazzini.