Verso la fine del quindicesimo secolo il protonotario apostolico Liberato Bertelli donò al Duomo di San Severino Marche, quella che forse è l’opera più importante di tutta la città e che, ad oggi, ha pressoché un valore economico incalcolabile, dato che porta la firma di uno dei maestri della pittura più importanti della seconda metà del quattrocento.
Il dipinto in questione si intitola “Madonna della Pace” ed è un olio su tavola di 143 x 70 cm e il suo realizzatore era nato con il nome di Bernardino di Betto, conosciuto universalmente però come Pinturicchio (o Pintoricchio che dir si voglia), per via della sua esile corporatura e per il suo principale mestiere, in cui egregiamente eccelse.
Incredibilmente questa è una delle sue tante opere ritenuta completamente autografa dai critici più importanti e affermati a livello mondiale, che fu dipinta a Roma nel 1490 circa e che ora è conservata nella Pinacoteca Tacchi Venturi del comune maceratese di San Severino Marche. Forse questo dipinto, più di ogni altra creazione del Pinturicchio, riesce a rappresentare magnificamente il valore della virtù artistica del pittore perugino, che nacque nel 1452 e s’impose prepotentemente nel gotha dei pittori dell’epoca per la sua straordinaria potenzialità espressiva e per la sua sublime discorsività, oltre ovviamente alla sua una chiarissima raffinatezza compositiva.
Questa deliziosa tavola fu realizzata all’apice della maturità artistica del Pinturicchio e per questo è da considerarsi un inestimabile gioiello che, almeno una volta nella vita, deve essere ammirato da chi è interessato all’arte, per comprendere pienamente quella caratteristica inclinazione di cui oggettivamente noi italiani possiamo definirci “ambasciatori secolari”: la Bellezza.
La Madonna della Pace presenta una composizione studiata nei minimi dettagli, con una maniacale ed epidermica cura per i gesti, le espressioni e i drappeggi dei personaggi.
In primo piano, come di consuetudine per l’epoca, troviamo il committente inginocchiato, che viene benedetto dal Bambinello seduto in grembo alla Madonna.
Sullo sfondo vi sono due dolcissimi angeli che hanno il compito di catturare e di convogliare l’attenzione dell’interlocutore verso il centro della scena, in cui si possono apprezzare la dalmatica e il pallio, finemente decorati, che rivestono il piccolo Gesù.
Tutti i volti dei personaggi richiamano espressamente una bellezza ideale, eterea e soave, che infonde serenità e gioia sin dal primo colpo d’occhio.
Lo sfondo riprende la celeberrima fama della dolcezza delle colline umbro - marchigiane, che tra alberi frondosi e rarefatti, risalta la straordinaria sfumatura dell’ambiente, resa ancora più potente ed importante dagli elementi rocciosi sulla sinistra.
I colori sono vividi e sgargianti, brillano splendidamente grazie al massiccio impiego dei finimenti d’oro.
Tutta la scena sfavilla grazie ad una luce luminosissima, conferendo religiosa solennità e frizzante letizia.
Sulla lunetta superiore invece è rappresentato l’Eterno benedicente, in una vesica piscis di angioletti.
Quest’opera è unanimemente considerata come uno dei capolavori prìncipi del Rinascimento italiano, motivo per cui merita decisamente di essere valorizzata e divulgata.