La Baronessa Dada, Elsa von Freytag-Loringhoven, e Marcel Duchamp: l’enigma che ruota intorno alla realizzazione di “Fontana”

29.03.22 , Arte

 

Elsa von Freytag-Loringhoven (foto a sinistra) e Marcel Duchamp (foto a destra)

Elsa von Freytag-Loringhoven, meglio nota come “la Baronessa Dada” e Marcel Duchamp, artista e promotore del Dadaismo, oltre ad essere due dei maggiori esponenti di spicco del suddetto movimento artistico e letterario, legati da un rapporto di stima, amicizia nonché di amore (quest’ultimo pressoché unilaterale, esplicato solo dalla Baronessa), sono congiunti da un fil rouge alquanto discusso. Si tratta, propriamente, del mistero della realizzazione di “Fontana”, l’opera-emblema del Dadaismo attribuita a Duchamp. Alcune fonti narrano che, probabilmente, il ready-made più importante dell’artista, sia stato realizzato proprio dalla Baronessa. Altre, invece, enunciano che Elsa abbia semplicemente ispirato il compimento dello stesso. Ad oggi, l’enigma che ruota intorno alla faccenda, rimane irrisolto. 

La Baronessa Dada, performance vivente (foto a sinistra) e Marcel Duchamp, nelle vesti del suo alter-ego femminile, Rrose Sélavy - da inserire sotto il primo paragrafo "La Baronessa Dada, Elsa von Freytag-Loringhoven, e Marcel Duchamp: l’enigma che..."

L’esistenza di Elsa von Freytag-Loringhoven vissuta come fosse una performance

La Baronessa Elsa von Freytag-Loringhoven (Swinemünde, 1874 – Parigi, 1927) è stata una protagonista dell’avanguardia dadaista, artista visiva, performer e poetessa, che ha lavorato per diversi anni nel Greenwich Village, New York City, anticipando di 50 anni mode e tendenze.

Le sue mîses irriverenti ed eccentriche (cucchiaini usati come orecchini, francobolli incollati sulle guance, una torta di compleanno, con tanto di candeline accese, al posto del cappello), hanno da sempre reso impossibile discernere tra la sua attività artistica e la sua vita, poiché era riuscita nell’intento di creare una commistione armoniosa tra la sua arte e il suo stile di vita, ponendosi come “un’opera d’arte vivente”. In riferimento a quest’ultimo punto, si possono riscontrare alcune analogie con l’esperienza italiana della Marchesa Luisa Casati, nata qualche anno dopo (nel 1881), quindi vissuta all’incirca nel medesimo periodo. Diversamente dalla Baronessa, la Marchesa si orientò prevalentemente sul Futurismo.

Elsa von Freytag-Loringhoven e una delle sue mîses stravaganti con cucchiaini annessi - da inserire sotto il paragrafo "L’esistenza di Elsa von Freytag-Loringhoven vissuta come fosse una performance"

Il mistero che si cela dietro all’esistenza ed alla scomparsa della Baronessa Dada

La vita della Baronessa, caotica, spregiudicata ed estrema, ha sempre toccato i vertici dell’agio e dello sfarzo, da una parte, e del degrado e disastro dall’altra, nascendo e morendo, però, in totale miseria. La sua esistenza, come la sua scomparsa, è sempre stata avvolta da un alone di mistero. La sua morte è stata interpretata come suicidio da una parte, e come un incidente domestico dall’altra.

Il mistero che ruota intorno alla sua esistenza, invece, coinvolge anche uno dei più influenti protagonisti del Dadaismo: Marcel Duchamp. Si narra, infatti, che la Baronessa, abbia influenzato alcune delle radicalizzazioni del movimento Dada, l’opera “Fontana” (propriamente l’orinatoio) di Duchamp compresa. Elsa, è stata un’ispirazione tale per la realizzazione della suddetta, tanto da sostenere che, addirittura, potrebbe essere stata lei stessa l’autrice.  

Marcel Duchamp e il Dadaismo: una nuova concezione di arte

Marcel Duchamp (Blainville-Crevon, 1887 – Neully-sur-Seine, 1968) ha incarnato il sovvertimento, la metamorfosi della nozione di arte del Novecento.

L’arte di Duchamp è stata tra le più emblematiche e controverse della storia. Enigmatico, indecifrabile, paradossale, dissacrante e provocatorio, Duchamp impersonava le dinamiche del paradosso e della satira attraverso un’arte che si pose quale elemento di rottura rispetto alle schematizzazioni mentali imposte dalla società borghese. Le sue opere vertevano intorno ad una nuova concezione di arte, che includeva l’elemento concettuale, arrivando, così, a delineare e a capitanare la contemporaneità. Idolatrato e, al contempo, criticato (giudizi paradossali, come del resto l’allocutore al quale sono rivolti), l’artista si impose nel panorama artistico quale fautore dei cosiddetti “ready-made”.

 

La storia divulgata del ready-made “Fontana” che tutti noi conosciamo

Il ready-made duchampiano più emblematico è “Fontana” (1917). Quando Duchamp espose la sua “Fontana”, con lo pseudonimo di “R. Mutt”, la critica insorse. L’oggetto, infatti, non era altro che un orinatoio rovesciato, di quelli che si usano nei gabinetti pubblici. L’ironica beffa, fu resa ancora più provocatoria da due fattori: la firma dell’autore e la data apposte in basso a sinistra e il significato di “R. Mutt”, che rinviava ai classici giochi di parole enigmatici cari a Duchamp. La “R.” si rifaceva a “Richard”, nel gergo francese “riccone”, mentre “Mutt” in tedesco vuol dire “madre” e in inglese “cane meticcio”. In seguito, l’originale della “Fontana” fu disperso perché, nel corso di un trasloco, i facchini lo scambiarono per quello che era e lo gettarono via. Duchamp non poteva aspettarsi esito migliore. L’oggetto-orinatoio che, sottratto dal suo contesto, diventava fontana (quindi arte), tornava poi ad essere oggetto e, dunque, come tale trattato e distrutto, come distrutta era definitivamente l’arte con la “A” maiuscola.

Marcel Duchamp a fianco al suo ready-made "Ruota di bicicletta", ideata nel 1913 - da inserire sotto il paragrafo "Marcel Duchamp e il Dadaismo: una nuova concezione di arte"

Le due versioni contrapposte ruotano intorno all’enigma della realizzazione di “Fontana”.

La prima prevede che la vera mente dietro a quest’opera sia stata proprio Elsa von Freytag-Loringhoven.  Uno degli indizi più eclatanti, che vanno a confermare la tesi, risiede in una lettera che Marcel Duchamp scrisse alla sorella, nella quale racconta di come una sua amica avesse portato un orinatoio alla sua mostra, utilizzando lo pseudonimo di R. Mutt, il nome con cui l’opera viene firmata. L’artista si limitò quindi a cavalcare l’onda, spacciando l’opera per una delle sue. Si asserisce che, la sigla della fontana-orinatoio, R. Mutt, non fosse una firma pseudonimo di Duchamp, ma un gioco di parole della lingua natale della Baronessa: in tedesco “Armut” vuole dire povertà.
Conseguentemente, secondo quanto si narra, Duchamp era solo un intermediario di un pensiero non suo.

La seconda versione, invece, delinea Elsa quale musa della realizzazione dell’opera. Per qualche tempo, la Baronessa visse nella stessa casa di Marcel Duchamp il quale amava interloquire con lei di arte. Una di queste conversazioni, sfociò, probabilmente, nell’idea, da parte di Duchamp, di un orinatoio presentato come opera d'arte: nacque un anno dopo "Fontana", che l’artista espose alla Society of Independent Artists. Duchamp scrisse a sua sorella che un amico lo aveva ispirato a creare quest'opera: molto probabilmente quella persona fu Elsa.

Come esplicato, ad oggi, uno dei più rilevanti arcani della storia dell’arte moderna rimane insoluto, poiché nessuna delle versioni è stata confermata ma neanche respinta.

 

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