L’arte dell’emergenza

Mediazione e incontro per le donne migranti

09.08.19 , Arte , Collaboratore Riflesso

 

L’arte dell’emergenza

L’Unione Europea, e in particolare l’Italia, si trova ad affrontare un’emergenza e a confrontarsi con una dimensione nuova del feno­meno migratorio. In passato, i flussi migratori verso l’Europa erano composti prevalentemente da immigrati volontari, ossia soggetti che decidevano di affrontare la sfida della migrazione sulla base di una valutazione economica personale o familiare. Tuttavia l’instabilità geopolitica in atto, i cambiamenti climatici, le diseguaglianze economiche hanno profondamente modificato la composizione dei flussi migratori. Oggi tali flussi rappresentano una emergenza umanitaria e una sfida alle politiche di convivenza e al Welfare all’interno dell’Europa (A. Dal Lago, Non-persone. L’esclusione dei migranti in una società globale, Feltrinelli, Milano 1999).

Studiare le migrazioni nella prospettiva della comprensione e del dialogo, nel superamento della prospettiva emergenziale, è un tema di ricerca interdisciplinare che ha prodotto una estesa letteratura in di­versi campi delle scienze sociali. Superare la logica dell’emergenza è un passaggio necessario proprio per comprendere la complessità del fenomeno e evitare un labelling che confermerebbe esclusivamente lo stato di deprivazione e di disagio per le categorie che dovrebbero essere beneficiate dall’intervento pubblico.

In tale articolato contesto, il gruppo di lavoro del progetto “Donne in Mediazione”, composto dai sociologi del Centro di Ricerca per la Sicurezza Umana dell’Università degli Studi di Perugia e il Ministero degli Affari Esteri, ha inteso affrontare l’emergenza delle migrazioni nella prospettiva della teoria del cambiamento, ossia attraverso una metodologia specifica applicata nell’ambito del sociale, per pianificare e valutare percorsi in grado di promuovere il cambiamento attraverso la partecipazione e il coinvolgimento grazie a corsi specifici e attività di laboratorio legate alle produzioni artistiche. La teoria del cambiamento è una metodologia specifica applicata nell'ambito del sociale, per pianificare e valutare dei progetti che promuovano il cambiamento sociale attraverso la partecipazione e il coinvolgimento. Nello specifico si è analizzato il contesto grazie alle narrazioni delle donne coinvolte nel progetto sia come migranti di prima generazione sia come figlie di migranti. E’ stata considerata la metodologia delle storie di vita, uno strumento efficace nella ricostruzione delle motivazioni e delle strategie individuali e familiari che sostanziano il progetto migratorio.

La premessa è stata quella di recuperare ciò che è all’origine delle azioni umane, dell’istinto come capacità (C.E. Ayers, Instinct and capacity, in “Journal of Philosophy”, 18, 1921, pp. 561-565). Invece di proporre cosa fare, il corso si è posto l’obiettivo di aiutare a comprendere la situazione e gestire i problemi comprendendo la responsabilità delle scelte individuali.

Grazie al laboratorio di produzione artistica e alle attività di dialogo interculturale, sono state realizzate delle opere sulla base delle esperienze percettive esistenti. Nel percorso, le esperienze sono state messe in relazione all’annullamento della prospettiva, ossia come fossero un colpo d’occhio. Una esperienza senza il troppo lontano, ciò che si è lasciato, e senza il troppo vicino, la realtà del quotidiano, nella ricerca di immagini non lavorate dalle rappresentazioni e non disaggregabili. Le immagini restituiscono così l’esperienza percettiva dell’essere-posto-a-distanza, un fenomeno che permette di affrontare i limiti del campo visivo e, in qualche modo, degli strumenti culturali.

Un percorso di post-produzione in cui le allieve hanno interpretato e riprodotto opere “oltre il caos proliferante della cultura globale dell’informazione” (N. Bourriaud, Postproduction. Come l’arte riprogramma il mondo, Postmedia Books, Milano 2002, p. 7) il cui risultato finale non può intendersi come primario ma come elaborazione consapevole dell’esperienza, come espressione della possibilità di una mediazione fra le persone. Le giovani donne del corso hanno così elaborato, in maniera informale, la capacità di essere ponte verso le culture e verso se stesse come protagoniste di un cambiamento necessario e troppo spesso solo immaginato e non voluto. Da questo punto di vista l’arte è stata uno strumento e una necessità: è uno strumento euristico diretto sia per la persona che agisce sia per la persona che osserva il risultato finale; è necessità perché consente una libera espressività degli istinti, di ciò che è nascosto.

Il dialogo con l’arte ha prodotto una forma di innovazione sociale in cui si è reso visibile la capacità di generare ponti, dialogo, comprensione e, perché no, di nuove attività professionali. Ogni ricerca per l’innovazione sociale ha bisogno di un ambiente fisico favorevole e gli innovatori sociali hanno bisogno di spazi reali “possibili” per sviluppare e applicare le loro idee. Ogni azione è condizionata dai linguaggi, dai sistemi di segni e di codici. L’individuo procede alla costruzione linguistica del mondo (H.G. Gadamer, Il linguaggio, Laterza, Roma-Bari 2005, pp. 59-71). e la libertà dell’azione è caratterizzata dalla libertà verso l’ambiente, ossia apprendere ad abitare meglio il mondo, invece che cercare di costruirlo a partire da un’idea preconcetta dell’evoluzione storica. In altri termini, le opere pensate e realizzate non si danno più come finalità quella di formare realtà immaginarie o utopiche, ma di costituire modi d’esistenza o modelli d’azione all’interno del reale esistente, quale che sia la scala scelta dall’artista. In questo percorso, oltre le parole dell’emergenza e della sicurezza, parole che rischiano di rappresentare la realtà con un repertorio insufficiente, le studentesse hanno restituito uno scenario di grande creatività, che offre spunti di riflessione utili a ripensare secondo prospettive originali le trasformazioni sociali che l’Italia sta attraversando. Il confronto con queste opere, con le scelte estetiche e narrative, ha il potenziale di contribuire in modo determinante ad attivare un processo di presa di coscienza collettiva della ricchezza di opportunità di incontro ed di innovazione creativa generata anche nei processi di migrazione.

Raffaele Federici

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