In clima post – unitario fu gioco forza per ciascuna città ricercare, all'interno della neonata nazione italiana, una propria fisionomia culturale. Durante i moti risorgimentali a Perugia era stata abbattuta la Rocca Paolina, simbolo del potere papale; sulle sue rovine la creazione della nuova piazza Italia e degli edifici circostanti assunse un valore emblematico per la nuova realtà storica. Furono qui sistemati i palazzi della Provincia e della Prefettura, quello della Banca d'Italia, il primo edificio di abitazioni in condominio e il palazzo di Ferdinando Cesaroni homo novus, rappresentante della ricca borghesia imprenditoriale. Altrettanto emblematiche sono le decorazioni di questi edifici che impegnarono i protagonisti della pittura perugina di fine secolo. Così per esempio alla Provincia e alla Prefettura lavorarono, tra il 1871 ed il '75, Tassi, Bruschi e Mariano Piervittori. L'esecuzione della parte più importante degli affreschi nei due palazzi simbolo del nuovo potere costituito era toccata a Domenico Bruschi; gli venne affidata alla Provincia la decorazione della sala del consiglio (Allegorie delle principali città dell'Umbria) e alla Prefettura quella del salone dei ricevimenti (Allegoria della Fama ed I più illustri perugini nel campo delle arti delle scienze e della guerra), opere che inaugurarono a Perugia la decorazione tardo ottocentesca a grandi figure. Il linguaggio del perugino infarcito di memorie puriste, retorica umbertina, spunti desunti dal verismo morelliano e dal prezioso simbolismo preraffaellita, si era affinato soprattutto durante la sua lunga permanenza a Roma dove, determinante, fu l'influenza di Nino Costa, a cui negli anni tardi si sovrapporrà quella di Böcklin, di De Carolis e del conterraneo Brugnoli. Proprio agli albori dell'ultimo decennio del secolo il pittore che infatti s'impose a Perugia per la qualità del proprio lavoro fu Annibale Brugnoli che si accaparrò almeno due delle commissioni più importanti che la città offriva. Affrescò il salone della Banca Commerciale dove, partendo da un episodio che illustra i Riti sacrificali alla dea Cupra, in dieci scene che sintetizzano la storia di Perugia attraverso i secoli, Brugnoli giunge a illustrare un momento della cronaca mondana contemporanea: Il ballo in onore di Umberto I in visita ufficiale alla città. In quest'ultimo episodio, ancor più che negli altri, il pittore ebbe modo di mostrare non solo la propria conoscenza del quadro storico italiano ma anche quella della più mondana pittura pompier francese che aveva avuto modo di studiare a Parigi. Brugnoli presto abbandonerà del tutto le tematiche storiche proprie della pittura romantica e si lascerà sedurre da quelle più sensuali e decorative, oltre che dalle linee fluenti, dello stile liberty. Proprio i suoi affreschi di palazzo Cesaroni in piazza Italia segnano la penetrazione del nuovo linguaggio in Umbria. Qui il pittore, popolò i cieli delle numerose stanze a lui affidate con tutti i motivi cari al nuovo gusto. Pavoni, palmette, veli e nastri hanno la meglio sui motivi della decorazione tardo ottocentesca che, se pur ancora presenti, sono ora ingentiliti dal nuovo cifrario. Le figure femminili della Danza delle ore, rappresentate in un turbinio di chiome e di veli sul soffitto del salone dei ricevimenti, sono come agitate dal vento del nuovo gusto. In questa stessa sala, Bruschi dipinse gli specchi, parte integrante della decorazione dell'intero ambiente. I dipinti mostrano l'artista ancora estraneo al rinnovamento proposto dal collega Brugnoli. Ma all'alba del nuovo secolo lo stesso Bruschi, chiamato a prestare la propria opera nella villa di Lavinia Baldelli Bombelli, sembra ormai aver assimilato la lezione di Brugnoli e, ammorbidendo i contorni e rendendo più fluide le linee, apre anche lui il proprio linguaggio al liberty ormai imperante.