Una decina di anni fa, il settimanale Famiglia Cristiana commissionò un’indagine sulla fede popolare. Agli intervistati veniva chiesto quale Santo avessero invocato e quale fossero i Santi più conosciuti. Con grande sorpresa emerse che il più invocato era Padre Pio, seguito da Sant’Antonio e poi San Francesco, Santa Rita da Cascia, San Giuseppe, San Gennaro, San Rocco, Madre Teresa di Calcutta, Sant’Agata ed addirittura San Gerardo. E san Giuliano? A parte gli abitanti di Macerata di cui è patrono, nessuno o pochissimi lo conoscevano. Ma non è stato sempre così se, visitando le nostre chiese, ci imbattiamo in sue raffigurazioni.
Andiamo per ordine. Il Giuliano di cui sto per scrivere è quello noto come l’Ospitaliere che non deve essere confuso con uno degli altri ventinove, tra santi e beati, martiri ed eremiti che portano lo stesso nome.
Il “nostro” Giuliano, secondo una leggenda nordica, era nato in Belgio nel 631 dopo Cristo da una nobile famiglia. Non doveva avere quello che si dice un bel carattere. Trascorreva il suo tempo tra esercizi di violenza e battute di caccia. Fu durante una di queste, che un cervo, agonizzante per le ferite mortali che il giovane gli aveva inferto, gli predisse che un giorno questa cieca violenza lo avrebbe condotto a uccidere i suoi genitori. Sconvolto da tale prodigio partì dal suo paese con l’intenzione di non tornarci mai più ed evitare così che la profezia si avverasse. Ma si sa come vanno queste cose. Una profezia è una profezia e se non si avvera che profezia è? Accadde che Giuliano cominciasse a girare il mondo e finalmente si stabilì in un castello dopo averne sposato la nobile e vedova castellana. Ma la passione per la caccia non era certo svanita ed un giorno che lui inseguiva qualche preda nei boschi intorno alla sua magione, il destino bussò alla porta del suo castello. Veramente più che il destino a bussare al portone erano i due genitori che dopo lunghe ricerche avevano finalmente scoperto la residenza del loro figliolo. La premurosa nuora ospitò l’anziana coppia e pensando di fare cosa gradita, cedette ai suoceri la propria alcova. Quando la mattina successiva Giuliano rientrò dalla caccia, entrò in camera e vide i due corpi sotto le coperte. Pensando che si trattasse della moglie in compagnia di un occasionale amante, non ci pensò due volte. Sguainò lo spadone e sgozzò i due malcapitati. “Ah la maledizione !” urlò come Rigoletto più di un millennio dopo. Anelante ad espiare la colpa, insieme alla sua sposa, iniziò un lungo viaggio che lo portò infine nei pressi di Macerata dove iniziò con fervore a traghettare viandanti e pellegrini sul fiume Potenza allora impetuoso e navigabile. Ma si sa: le vie del Signore sono infinite. Un giorno uno di questi poveri viandanti, perlopiù lebbroso, stava per cadere dalla barca e sarebbe morto affogato se Giuliano non lo avesse afferrato e poi condotto a casa sua per rifocillarlo e dargli un letto per la notte. Ma il lebbroso era in realtà un Angelo del Cielo (secondo altri addirittura Gesù in persona) che gli comunicò che il suo pentimento era stato accettato e che di lì a poco lui e la sua sposa sarebbero stati presto in paradiso. A ben ragione e per questi meriti, Giuliano s’è meritato il patronato di Viandanti, pellegrini ed albergatori.
Ho raccontato questa storia perché in una delle mie consuete passeggiate, sono giunto in un piccolo borgo a confine tra Umbria e Marche: Fematre di Visso, mille metri di quota circa, quarantotto abitanti in via d’estinzione ed una Pieve, Santa Maria Assunta che potremmo definire la Sistina dell’alta Valnerina. Qui operarono gli Sparapane di Norcia, una famiglia di artisti del ‘500, che si trasmise i segreti della pittura di padre in figlio per almeno cent’anni. Tra i soliti santi affrescati abbiamo trovato un “San Giuliano” completo di tutti gli attributi iconografici: vestito da cavaliere, spadone sulla sinistra e falcone – emblema di nobiltà – accoccolato sulla mano destra. Dopo un paio d’ore ero a Visso, nella collegiata di Santa Maria ad ammirare un altro affresco, questo attribuito a Giovanni di Pietro (meglio noto come Lo Spagna) raffigurante ancora una volta il Santo Ospitaliere in compagnia di San Nicola da Tolentino, Sant’ Antonio da Padova, Sant’Agostino e l’Arcangelo Raffaele con Tobiolo. San Giuliano vi appare bellissimo, di una avvenenza angelica, nello splendore dei suoi anni giovanili, amabile e seducente. Per vedere il truce assassino Giuliano devo rientrare a Gualdo Tadino, dove nella Chiesa di San Francesco un tardo seguace di Ottaviano Nelli, nel 1469 ha immortalato il “nobile” (si fa per dire) nell’atto di sgozzare i poveri genitori.