Che cos’hanno in comune una “cinghialetta” per metà spelacchiata e un serpentone che inghiotte un saraceno intero? Sono tutti e due il simbolo di Milano. Il primo, che rimanda alle origini e ai miti fondativi della Milano celtica, si può osservare scolpito in un bassorilievo sulla colonna del secondo arco del Palazzo della Ragione, in Piazza dei Mercanti. Secondo la leggenda, sarebbe stata proprio una scrofa con il corpo solo per metà ricoperto di pelo a indicare al condottiero celtico Belloveso il luogo esatto su cui porre la prima pietra di ciò che sarebbe poi diventata l’odierna Milano. Il cinghiale era infatti un animale sacro per i Celti, dimorava nella foresta insieme ai sacerdoti Druidi, e proprio da qui deriverebbe il nome di Milano, Mediolanum, che appunto significherebbe “ricoperta di lana a metà”. La maggior parte degli studiosi, in realtà, ritiene che il nome del capoluogo lombardo abbia origine da una parola o celtica o gaelica che significa “luogo al centro della pianura, terra di mezzo”, mentre altri sostengono che voglia indicare un “santuario centrale”, dal momento che la città fu fondata dai Celti in un bosco con una radura al centro da essi venerato come sacro. Ma sempre in Piazza dei Mercanti si possono scorgere diversi scudi con quello che è forse il più noto simbolo di Milano: El Bissün, tradotto dal dialetto milanese “Il Biscione”, quello che inghiotte il moro. Lo stesso biscione dell’Alfa Romeo, dell’Inter e di Canale 5, per intenderci, nonché altro animale sacro per i Celti. È l’emblema della famiglia Visconti, che governò Milano per circa tre secoli prima della presa del potere da parte degli Sforza. Le versioni del mito che narra la nascita del simbolo sono le più disparate, come quella secondo cui il capostipite della famiglia Visconti, Uberto, si fregiò del simbolo dopo aver liberato Milano da un tremendo drago che teneva sotto scacco l’attuale zona di Porta Venezia e divorava bambini (per cui quello che esce dalle fauci del Bissün non sarebbe un moro ma un bambino) o come quella che parla di Desiderio, re dei Longobardi, il quale, addormentatosi su un prato dopo i combattimenti, si ritrovò una vipera arrotolata intorno alla testa, che però lo lasciò miracolosamente illeso. La terza versione del mito ricalca quella su Desiderio, solo che al suo posto c’è Azzone Visconti a ritrovarsi un’innocua vipera avvolta attorno all’elmo. Una sola cosa è certa: fu solo dopo la prima Crociata, cui i Visconti parteciparono, che il loro stemma divenne il serpente che ingoia il moro, a voler celebrare così la vittoria sul nemico.