AR(T)igli

“Voglio una donna!” grida in Amarcord Ciccio Ingrassia tra il fogliame di un albero, fuggito da un pranzo di famiglia e rivendicando a braccia aperte il suo diritto alla normalità sociale. 

01.08.17 , Architettura , Collaboratore Riflesso

 

AR(T)igli

“No e poi no!” esclama con orgoglio Cosimo Piovasco di Rondò nel Barone rampante, prima di respingere il piatto e arrampicarsi sulla pianta di elce imponendo il suo sguardo stizzito alla famiglia. Il desiderio di sollevarsi dalla realtà arrampicandosi su un albero esprimendo la volontà di denunciare il proprio dissenso, di seguire un sogno di avventura o di ricercare un rifugio, lega le epoche e i livelli sociali. A volte raggiunge esiti artificiosi ed esagerati, come la casa sull’albero voluta da Francesco de’ Medici, arricchita da un tavolo in marmo, dai sedili e dalle fontane alimentate da tubature sistemate lungo i rami, altre volte risultati semplici e immediati, come accade per le case dei bambini perduti nell’Isola che non c’è, nate dall’interpretazione cinematografica di Walt Disney. 

Essere in alto costituisce senz’altro una posizione privilegiata. Consente di stare sulla difensiva ma anche di attaccare e costringe chi è più in basso ad alzare il proprio sguardo. 

Così come è avvenuto a Terni nell’estate del 2016 in occasione di “Foresta”, un progetto sperimentale di rigenerazione urbana partecipata, i cui intenti rifuggono l’impressione fiabesca spesso perpetuata nell’immaginario della casa sull’albero, a favore di risposte innovative che scaturiscono dall’alternarsi dei punti di vista e che sono in grado di ricercare e orientare le visioni sul futuro della città. 

Con una conformazione che tanto ricorda quella di un palmo socchiuso, i tigli secolari che punteggiano in successione il viale d’accesso al Caos (Centro Arti Opificio Siri) accolgono e trattengono temporaneamente cinque residenze destinate ad altrettanti artisti, eletti a osservatori di eccellenza grazie alla peculiare posizione conquistata. 

E così la visionarietà dell’artista, con lo sguardo tradizionalmente rivolto verso l’alto, è chiamata a rilevare e interpretare la vita in basso, fatta di spazi urbani e relazioni sociali, mentre, spinto dalla curiosità, lo sguardo del pubblico e dei passanti lascia il telefonino e punta all’insù, riscoprendo nel profilo della città, nei pressi del fiume Nera e dell’ex fabbrica chimica, la suggestione di un ambiente naturale nel quale avventurarsi e da cui poter difendere la forza delle proprie idee.

Giovanna Ramaccini

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