Imponente e severa, con fossato, torre circolare, mura e merli alla guelfa. Si presenta così la fortezza medievale (XIII sec.) che domina Montegiove, piccolo borgo nel comune di Montegabbione (TR). L'antica presenza di un tempio romano dedicato al dio Giove ne fa derivare il nome. Da qui, tuffandosi con lo sguardo nella natura incontaminata, si scorge una torre con l'orologio. Alti cipressi tentano di nasconderla. E poco sotto un'altra torre! Quella di Babele!? E poi la torre dei venti? Una piramide, poi l'Arco di Trionfo, il Tempio di Vesta, il Pantheon, il Partenone...il Colosseo e poi...È forse un sogno? Un'invenzione della mente? Si. Quella di un visionario: Tommaso Buzzi, classe 1900. Architetto, designer, collaboratore di Gio Ponti, docente di Gae Aulenti al Politecnico di Milano. Commissionato da ricchi e nobili; dalla famiglia Agnelli, dai Feltrinelli, dai marchesi Misciattelli. Proprio questi ultimi nel 1956 vendettero all'architetto milanese uno scorcio di verde, comprensivo di un convento sorto dove San Francesco aveva costruito un riparo con un'erba palustre chiamata scarza. Siamo alla Scarzuola. Dall'acquisto e per venti anni gli abitanti di Montegiove furono impegnati a realizzare dietro al convento, la città -teatro disegnata da Buzzi. Una grande scenografia, un'antologia in pietra con richiami a noti monumenti ed esperienze visive del passato. Un grande vascello in tufo la cui polena, in prua, è rappresentata dalla dea Madre coi suoi seni di cemento. È un percorso iniziatico in cui è possibile ritrovarsi e probabile perdersi; un percorso mai univoco, come il suo nome: Scarzuola, Città Buzziana o Buzzinda che dir si voglia. È il luogo in cui a volte d'estate Salvador Dalì e Leonor Fini ideavano scenografie surrealiste. È una poesia in pietra. Un viaggio che incanta o lascia perplessi, ma mai indifferenti. È l'autobiografia dell'autore sotto forma di architettura o semplicemente quella che per lui era..."la città ideale".