Potente casato orvietano schiettamente guelfo filo-papale, i Monaldeschi deriverebbero da un nobile feudatario francese sceso in Italia al seguito di Carlo Magno nell'800. La famiglia sarebbe stata generata dal capostipite Monaldo, mentre i suoi fratelli avrebbero originato nobili famiglie radicatesi a Firenze e Siena: i Cavalcanti, i Calvi ed i Malevolti. I Monaldeschi assunsero ruoli di prestigio in diversi scenari della penisola italiana, in territori e città fedeli alla santa sede. Diedero senatori a Roma, podestà a Firenze e Lucca, funzionari di fiducia del potere pontificio e abili condottieri in campagne militari. Le proprietà della famiglia si estendevano in tutta la Tuscia viterbese, nella valle del lago di Bolsena, fino a Montalto, Tarquinia, Orbetello e l'Isola del Giglio. Anche sucessivamente al subordinamento di Orvieto allo Stato Pontificio, i Monaldeschi conservarono un alto status sociale, fondato sull'amministrazione delle terre, l'adempimento alle cariche pubbliche municipali e fornendo valorosi cavalieri in numerose e storiche battaglie (Montaperti). In città rivaleggiarono crudelmente con la potente famiglia orvietana dei Filippeschi, convinti ghibellini; una sanguinosa discordia immortalata da Dante come maledetto esempio di anarchia in Italia, una terra logorata dall'odio tra fazioni e dall'assenza di un'autorità centrale. Dalla sconfitta nel 1313 dei Filippeschi, con uccisioni, bandi e confische, Orvieto conoscerà il suo primo signore in Ermanno Monaldeschi, dimostrando abili capacità diplomatiche con la soppressione però degli ordinamenti democratici comunali. Alla morte di Ermanno, la famiglia si divise in quattro rami sulla base delle rispettive insegne (cervo, cane, aquila e vipera). Nel 1420 Agnese Monaldeschi della Cervara andò in sposa a Ranuccio Farnese, capitano dell'esercito pontificio e fondatore della potentissima famiglia Farnese, unendo pertanto titoli, contratti e proprietà tra le due famiglie. Francesco Monaldeschi sarà ricordato, invece, come vescovo di Firenze alla fine del duecento per aver presenziato alla fondazione di illustri chiese in città : Santa Maria del Fiore, Santa Croce e San Marco. Nel 1527, anno del "Sacco di Roma", la violenta armata tedesca devastò i possedimenti della casata nella campagna dell'Alfina, loro capoluogo laziale. Passata l'orda dei lanzichenecchi, i Monaldeschi poterono nuovamente dedicarsi al governo dei loro feudi ma a metà del '600 con la cessione alla Camera Apostolica di Torre Alfina, la casata cominciò la sua decadenza. Tuttavia, riemersero per notorietà con Rinaldo, amante di Cristina, regina di Svezia, che lo fece assassinare a Fontainebleau per aver tradito intimi segreti. Sarà Sforza Monaldeschi della Cervara, condottiero e viceduca di Castro, a ideare il progetto a Orvieto per la sua residenza. Convocò gli architetti Simone Mosca e Ippolito Scalza, a metà del '500 mentre Cesare Nebbia e la sua equipe di pittori ingentilirono con affreschi il palazzo. Il ciclo pittorico dipinto negli ambienti del palazzo celebrano le imprese del committente con illustrazioni di carattere astrologico, mitologico e araldico. Le gesta della carriera militare di Sforza, interamente dedita al servizio della difesa della religione cattolica, prendono a modello la decorazione di palazzo Farnese a Caprarola. Nei primi anni del '600 il palazzo diviene proprietà di Orazio dei Conti di Marsciano e in seguito ceduto ai Meoni di Buonconvento. Perduta la funzione di dimora nobile, il palazzo diviene sede di istituti scolastici. Numerose altre sono le testimonianze architettoniche lasciate dalla nobile casata monaldeschi; dal castello di Bolsena, al palazzo-fortezza di Onano, dall'elegante barocco di Lubriano al palazzo che ospita ancor oggi la sede dell'ambasciata di Spagna nell'omonima e famosissima piazza di Roma.