L’elegante e imponente Abbazia di San Clemente a Casauria

Venerdì, 05 Febbraio 2016,
“E una compagnia di pellegrini meriggiava nell'atrio bestialmente, sotto il nobilissimo portico eretto dal magnifico Leonate. Ma quei tre archi, intatti, sorgevano di su i capitelli diversi con una eleganza così altera e il sole di settembre dava a quella dolce pietra bionda un'apparenza così preziosa che ambedue, egli e Demetrio, sentivano d'essere al cospetto d'una sovrana bellezza”. Così Gabriele D’Annunzio riporta sulla pagina il ricordo dell’Abbazia di San Clemente a Casauria, vista in gioventù; e in effetti la sensazione che si avverte trovandosi dinanzi al portale dell’Abbazia è proprio questa: d’essere al cospetto di una costruzione imponente e al tempo stesso elegante, sede di una sacralità che trascende le epoche e passa attraverso secoli e calamità con ostinata fierezza. L’Abbazia sorge nei pressi dell’antico pago romano di Interpromio, e con ogni probabilità il primo sacello fu edificato sui resti del tempio dedicato a Giove Urios (“apportatore di venti”), Casa Urii: da qui deriverebbe il toponimo di Casauria. A riprova dell’esistenza di un antico tempio romano sul luogo dell’attuale Abbazia è possibile osservare, nella cripta della chiesa, le colonne originarie - allo stato frammentario – utilizzate come pezzi di riuso nella nuova costruzione, secondo la consuetudine alto medievale di servirsi di materiale di spoglio in fase di nuova edificazione. La fondazione della chiesa si deve all’Imperatore Lodovico II che nell’871 fece innalzare il monastero come adempimento al voto fatto per essere stato liberato dalla prigionia nel ducato di Benevento. La storia dell’Abbazia di San Clemente è un susseguirsi di calamità naturali, saccheggi e devastazioni ai danni dell’edificio, che tuttavia ha ogni volta beneficiato di ricostruzioni e successive ristrutturazioni: saccheggiata dai Saraceni nel 902 e danneggiata dal terremoto del 990, l’Abbazia risorse dopo l’anno Mille grazie alle donazioni ricevute; ricostruita nel 1025, subì nuovi e gravi danni a causa dei ripetuti attacchi da parte del conte normanno Ugo Malmozzetto tra il 1076 e il 1097. Ancora una volta ristrutturata, l’Abbazia conobbe il suo momento di massimo splendore con l’abate Leonate (1176 - 1182): a lui si deve la costruzione del portico a tre arcate (quella centrale a tutto sesto e le due laterali a sesto acuto), con colonne e capitelli istoriati; nella lunetta del portale centrale è raffigurato San Clemente, mentre l’architrave ritrae la storia della nascita dell’Abbazia. Sulle lunette dei portali sinistro e destro sono rappresentati rispettivamente San Michele Arcangelo e la Madonna con Bambino. Il maestoso interno dell’Abbazia, a tre navate, è un perfetto esempio di transizione dal romanico al gotico cistercense; a croce latina, si estende per una lunghezza di 48 metri fino all’unica abside semicircolare. Un nuovo terremoto, nel 1348, devastò la chiesa e molti particolari andarono persi. Nel corso dei secoli successivi la storia dell’Abbazia si complica ulteriormente: diventata regio patronato nel 1775, trasformata in alloggio dalle truppe francesi che rubano o bruciano ciò che trovano, la chiesa viene ceduta ai francescani nel 1859. Lasciata dai monaci, l’Abbazia precipita nell’incuria e viene adibita a magazzino e stalla. In questo stato di abbandono la trova lo studioso Pier Luigi Calore: è grazie alla sua sensibilità che il valore storico-artistico della chiesa viene riconosciuto, ed è in seguito ai suoi appelli che, all’inizio del secolo scorso, vengono posti in atto importanti interventi di riparazione che hanno portato, tra le altre cose, al rinvenimento delle mura del chiostro.

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