È il più celebre dei castelli del Trentino. Deve la sua fama alla singolare posizione e al bellissimo ambiente che lo circonda. Attraversato il ponte che divide il Lago di S. Massenza da quello di Toblino, la Valle del Sarca si apre ariosa verso il Lago di Garda. Quasi a custodire questo orizzonte, emerge dal lago il Castello di Toblino, arroccato su di una piccola penisola. Lo spettacolo è suggestivo, specie nelle giornate autunnali quando i colori più caldi rafforzano il sapore romantico di questa zona che assieme all’alone di mistero emanato dal vecchio maniero immerso in un verde parco, afferrano i sentimenti dei turisti, specialmente quelli che per la prima volta giungono in questi luoghi. La valle gode di un clima mite grazie all’effetto benefico del Lago di Garda. Ecco allora il castello circondato da essenze arboree mediterranee come il leccio, l’olivo, il terebinto. Il castello deve la sua notorietà alla bellezza dell’ambiente e alle numerose leggende che esso ha suscitato. Circa 2.000 anni fa si pensava fosse abitato dalle fate e a loro, nel corso del III secolo, fu dedicata la costruzione di un tempietto, di cui abbiamo notizia grazie ad una piccola lapide murata nel portico del maniero. Si tratta di una testimonianza esclusiva che l’archeologo Paolo Orsi non ha esitato a definire "unica nel suo genere nella realtà epigrafica romana". Con il passare del tempo, il tempio, avvolto nella sua aurea magica e religiosa, venne trasformato in una roccaforte di notevole importanza militare e strategica. Secondo un’altra leggenda, di origine letteraria e non nata dalla fantasia popolare, Toblino sarebbe stato nel XVII secolo, luogo di delizie per Claudia, figlia di Lodovico Particella, oriundo di Fossombrone, con Carlo Emanuele, principe e vescovo di Trento e ultimo dei Madruzzo. Risultate vane le suppliche al Papa onde ottenere lo scioglimento dei voti sacerdotali, il prelato si sarebbe abbandonato a ogni sorta di nefandezze fra cui la peccaminosa tresca con Claudia. Un insieme di leggende relativamente recenti vedono Carlo Emanuele cospiratore della morte di Claudia e del fratello Vincenzo, entrambi annegati tragicamente nel lago. Un’altra più robusta leggenda ci narra il contrastato amore di Aliprando di Toblino con Ginevra, la bella castellana di Sténico. Una notte, mentre Aliprando ritornava al suo maniero in riva al lago cavalcando lungo l’aspro sentiero che dalle Giudicarie scendeva nella Valle del Sarca, cadde in un’imboscata tesagli da Graziadeo di Castel Campo, suo rivale in amore, e ucciso. Il vecchio ingresso era una volta “via lago” dal lato di mezzogiorno. Secoli orsono, il livello del lago era più alto di un paio di metri. Il sito quindi era interamente circondato dall’acqua. Il viale d’ingresso che a settentrione costeggia la cinta di mura, a sud affianca il parco, opera del conte Leopoldo di Wolkenstein che nel 1845 fece venire dall’America, secondo il gusto di quegli anni, i tassodi, le sequoie e altre piante esotiche. Si giunge presto dinanzi alla porta ferrata con i colori dei Wolkenstein. A destra la torre cilindrica. A sinistra la cappella barocca. Eretta nel 1688 da Gaudenzio Fortunato conte di Wolknstein, come riporta un’epigrafe incisa sull’architrave, fu da lui dedicata a S. Antonio da Padova. Il castello è a pianta quadrata con corte interna. I fabbricati con il tetto ad un’unica falda, sono addossati al torrione eretto nel punto più alto dello scoglio, convergenza reale del quadrilatero formato dai vari corpi del castello. La sua forma cilindrica richiama il torrione di Castel Campo ricordando la presenza dei Signori giudicariesi anche sul Lago di Toblino. Una volta entrati nell’angusta corte si cammina sulla viva roccia levigata dal tempo e dall’uso. Una tenue luce diffusa penetra dall’alto. Gli archi del portico, tutti di pietra rossa di Calavino, si sposano felicemente con le balaustre cinquecentesche di legno del ballatoio del sottotetto dando all’ambiente un’atmosfera romantica. Un quadro delizioso nel quale il rustico tradizionale alpino sposa mirabilmente l’edilizia castellana rinascimentale. Oggi in questi luoghi trovano posto la cucina e le sale di un rinomato ristorante. Salendo per l’ampia scala, opera di Gasparo Wolkenstein, si giunge alla loggia del primo piano sulla quale si aprono il salone dei ricevimenti e le stanze attigue, tutte in comunicazione tra loro e sempre con vista sul lago. Le stanze, trasformate in saloni da pranzo per il ristorante, mantengono i portali e i vecchi caminetti di pietra rossa. Un luogo unico nel suo genere, in cui storia e leggende si fondono e creano un’atmosfera magica. Il Castello è proprietà privata e, salvo accordi con i proprietari, è visitabile solo esternamente.
Francesco Taufer