Ricordi legati alla Fondazione Franco Albini

14.07.25 , Design , Collaboratore Riflesso

 

Ricordi legati alla Fondazione Franco Albini

Immaginate di varcare la porta di un luogo che per anni ha custodito la memoria e il sapere di grandi maestri come Franco Albini e Franca Helg, che hanno rivoluzionato il mondo ma soprattutto il modo di fare architettura.

Nel corso degli anni, le mura di Via Telesio 13 a Milano sono state molto più che un contenitore: testimoni silenziose di idee, visioni, emozioni. Oggi, mentre ci prepariamo a un nuovo capitolo della nostra storia, raccogliamo e condividiamo i frammenti di memoria di chi ha vissuto – dentro o accanto – quello spazio che continua a parlare.

Dall’Archivio Ricordi, ecco due delle tante storie che ci sono arrivate nel mese di giugno, le prossime potrebbero essere le vostre.

Il ricordo dell'architetto Giorgio Fieramonti, collaboratore negli anni ’70: "Era il 1977, avevo trentatré anni e, da giovane architetto, varcavo la soglia di Via Telesio per entrare in uno degli studi di progettazione più prestigiosi di Milano. Quasi si fosse in un cenobio, dominava un silenzio religioso. Le matite arrotavano senza sosta, accompagnate dalla musica classica della radiolina di Ambrogio. Ricordo ancora l’emozione – fortissima – quando l’Architetto Helg, rompendo quel silenzio, esclamò con un "Bravo Giorgio!”, davanti a una mia soluzione progettuale. Lei non chiamava mai nessuno per nome. In quello Studio si poteva “perdere” un giorno intero su un dettaglio come uno zoccolino o un corrimano. Era un approccio artigianale, rigoroso, quasi ascetico. Un modo di fare architettura che, forse, non esiste più".

Il ricordo di Cristina Morozzi, giornalista e critica del design: "Quando ci trasferimmo in via Telesio 15, la nostra finestra dava proprio sul cortile dello Studio di Albini. Da lì vedevo Franco Albini al suo tavolo, in camice bianco, immerso nel lavoro. Ogni tanto i miei figli buttavano il pallone nel cortile. Mi scusavo sempre, e lui diceva "sono ragazzi, bisogna lasciarli giocare". La mattina lo vedevo passeggiare lentamente, spesso con un giovane collaboratore accanto. Si fermava su uno sgabello pieghevole, osservava, poi riprendeva il lento camminare per rientrare in studio. Ho considerato un privilegio poter scrivere i miei articoli nella stanza da cui scorgevo Franco che lavorava in studio".

DESIGN ALTRI ARTICOLI

PRECEDENTI

PRECEDENTI

IN EVIDENZA

IN EVIDENZA

NUOVI

NUOVI