Street style: la più potente forma di comunicazione

Mercoledì, 03 Gennaio 2018,
Moda,
Anna Wintour, potentissimo direttore di Vogue, una volta ha ammesso: “Ci vestiamo tutti pensando a lui”. Anche – ma non solo – per questo, si può dire che lo street style sia nato insieme a Bill Cunningham, il fotografo di moda che ha girato in bicicletta New York a caccia di un look memorabile da fotografare. Quando il giugno dello scorso anno è morto Karl Lagerfeld ha commentato: “E ora che ne sarà del suo incredibile archivio?” Un portfolio di foto capaci di mescolare famosi e sconosciuti, incrociati spesso tra la Fifth Avenue e la 57 strada, proprio dove ci sono le vetrine di Tiffany. Tra le sue muse c’erano sia Anna Piaggi che Louise Doktor, una segretaria newyorchese con uno stile molto originale che Cunningham ha fotografato per più di 25 anni. Non vogliamo certo dire che prima di Cunningham non esistesse uno street style: ma non c’era nessuno che lo documentasse e lo archiviasse, rendendolo immortale. Distinguersi attraverso il modo di vestire è stato lo strumento usato da tanti personaggi prima di diventare famosi. Nella biografia dedicata a Madonna di Lucy O’ Brien, l’autrice ricorda come “il suo stile era un amalgama di oggetti da mercatino delle pulci e punk, che prevedeva calze vecchie, il crocefisso di legno, gli elastici come braccialetti. Capì presto come lasciare il segno”. Solo più avanti si scoprirà che dietro a quella stravaganza c’era il tocco di Maripol Fauque, la ragazza nota come quella che “distrusse la moda per crearla da sé”. Intorno a lei si muove la comunità dello Studio 54, con Jean Michel Basquiat e Keith Hearing suggestionati dalle sue idee. Anche lei, come Cunningham, amava documentare lo stile: lo faceva con una Polaroid. “Chi l’ha detto che l’abito non fa il monaco – raccontava –. Allo Studio 54 se non indossi quello giusto non riesci neppure ad entrare”.  Le grandi mode e le tendenze capaci di dettare stili di vita e comportamenti di consumo, nascono tra i giovani: la cultura suburbana apre la strada agli Zooties, Hipsters, Beats, Rockers, Hippies, Rude Boys, Punks. "Visto che non esistono più gli aristocratici per promuovere gusti e mode, chi decide cos'è che deve piacerci?" È il 1964 quando Susan Sontag, scrittrice e intellettuale statunitense, si pone questa domanda e la risposta appare scontata: è la strada, laboratorio d'incubazione di una impressionante quantità di mode. Lo stesso stilista Christian Lacroix affermava: "È terribile dirlo, ma molto spesso i vestiti più eccitanti vengono dalla gente più povera". Lo street style diventa subito la più potente forma di comunicazione della gente e Bill Cunningham deve la sua leggenda al fatto di averlo capito per primo. Lo scorso anno, quando Cunningham muore, Vanessa Friedman scrive sul New York Times che il fotografo aveva intuito la “grandezza degli abiti non tanto sulla passerella, ma dopo che avevano sfilato. Ciò che lo colpiva era l’uso che di loro sarebbe stato fatto. Aveva capito che la gente usava i vestiti per dare una impressione di sé agli altri”. L’inconsapevolezza della gente fotografata da Cunningham nei primi anni Ottanta, diventa invece ricerca di notorietà in tempi più recenti. Un esempio chiaro è il blog di Scott Schuman, The Sartorialist, che nasce nel 2005. L’ex studente di visual merchandising decide di immortalare le persone comuni intorno a lui, utilizzando come sfondo New York. In un solo anno il Blog raggiunge la notorietà e diviene un punto di riferimento mondiale per la moda. Le fotografie che appaiono su The Sartorialist rispecchiano la quotidianità in cui ognuno può riconoscere un po’ di sé. Il passaggio rispetto al passato è che la gente della strada comincia a rivendicare la sua fetta di notorietà e approfitta delle sfilate per catturare i flash dei fotografi: a sancire questo passaggio decisivo intervengono i social media, che regalano a tutti il warholiano “quarto d’ora di celebrità”. “Come ci si veste alle sfilate? Con uno stile originale, se si vuole diventare protagonisti dello street style, ovvero essere fotografata come la modelle. Gli stilisti ammettono che ormai c’è più creatività in strada che in passerella”, ha scritto il Corriere della Sera proprio durante le sfilate della scorsa primavera, registrando un cambio di marcia significativo. I vari blogger e web influencer diventano muse consapevoli: si vestono per essere fotografati, senza più quella ingenuità del passato, in cui erano protagonisti quasi casuali di reportage fashion. In prima fila, ma anche nel backstage, le fashion editor e le fashion icon di mezzo mondo, dettano legge in fatto di look, sfoggiando abiti e accessori che non inseguono le mode ma spesso le anticipano.  Da spettatrice e anche da addetta ai lavori ho partecipato a moltissime sfilate e negli anni ho notato un cambiamento epocale: nei primi anni Duemila a catturare i flash dei fotografi, fuori dalle passerelle, erano soprattutto le celebrities. Cameramen e paparazzi se ne stavano appostati per ore attendendo la Monica Bellucci di turno, senza prestare troppa attenzione al contorno. Da almeno cinque anni è accaduto qualcosa di imprevedibile: a scatenare i clic, piano piano, sono arrivate le persone comuni, ma vestite con personalità o con qualcosa di eccentrico. All’inizio anche noi giornaliste di moda ci chiedevano: “E questi chi sono?”, cercando di fare bene il nostro lavoro e magari riportare nella nostra rivista o nel nostro quotidiano il nome di un personaggio emergente. Solo più tardi abbiamo capito che quello era un nuovo e potente street style, ma che non si accontentava più della strada: voleva conquistare la passerella. E lentamente ce l’ha fatta. Quei volti sconosciuti, ma con indosso un cappellino buffo, una calzamaglia color block o un abito eccentrico, sono diventati volti sempre più familiari alle sfilate. Molti di loro sono diventati più famosi delle modelle stesse in passerella: alcuni si sono conquistati la loro fetta di notorietà da soli, pubblicando le foto in blog personali o social fortemente personalizzati. L’uso di Instagram come vetrina personale è stato sicuramente uno dei “riti di passaggio” della contemporaneità: persone comuni, con una buona dose di protagonismo, sono diventati un catalizzatore di attenzioni. Lo stesso fenomeno Chiara Ferragni ci dice qualcosa di significativo a proposito. La fashion blogger più famosa d’Italia ha fondato nel 2009 il suo blog “The Blond Salad” raccogliendo le foto che il fidanzato dell’epoca (e ora suo socio in affari) Riccardo Pozzoli le scattava in giro per la città. Nel 2014 ha fatturato 8 milioni di dollari e  nel 2015 è stata oggetto di una case history della Harvard Business School. Ma tutto è cominciato in maniera molto artigianale. La stessa blogger, quando l’ho intervistata, mi ha ripetuto come lei stessa fosse incredula rispetto a tutto quello che le era accaduto in campo professionale: “Non avrei mai immaginato che delle foto scattate per passione diventassero una fonte di ispirazione per tante ragazze della mia età”. Il caso Ferragni è replicato da tante altre influencer che attraverso lo street style si sono ricavate un posto al sole. Ma anche figure più “istituzionali”, come la consulente creativa di Vogue Japan Anna Dello Russo, hanno saputo usare il proprio look per imporsi nelle passerelle e conquistare un posto nel front row proprio accanto alle celebrities. Anna Dello Russo può cambiare abito anche 5 volte al giorno, durante le Fashion Week sparse in giro per il mondo, perché come annotava Anna Wintour ci si veste soprattutto per i fotografi. La differenza rispetto ai tempi in cui Cunningham catturava Marella Agnelli in visone a spasso per New York ma anche il ragazzino di Harlem, passa tutta per la consapevolezza dei soggetti fotografati. Prima si finiva nella rubrica On the Street casualmente:  a Cunningham, non interessava la «gente famosa con i vestiti regalati», un fatto che lo distingueva dai paparazzi. Lo colpivano le persone con uno vero senso dello stile. Oggi la gente comune è in grado di influenzare la sua presenza nei giornali e nelle riviste: l’epoca dei social ha ribaltato in parte i ruoli, se il fotografo di moda non si accorge della eccentricità della gente comune sono le stesse persone a celebrarsi nei loro social.  Bill Cunningham è stato rimpiazzato dal nostro profilo Instagram, e al posto dei lettori, quello che accresce la nostra audience sono i followers. Michela Proietti

MODA ALTRI ARTICOLI

PRECEDENTI

PRECEDENTI

IN EVIDENZA

IN EVIDENZA

NUOVI

NUOVI