Hiromi Cake: quando la passione per il Sol Levante incontra la raffinatezza della pasticceria

29.01.20 , Lifestyle , Collaboratore Riflesso

 

Hiromi Cake: quando la passione per il Sol Levante incontra la raffinatezza della pasticceria

Pareti azzurre, piattini bianchi e tazze con sottili veli verde brillante. Questo piccolo, piccolissimo paradiso terrestre è una pasticceria giapponese nel cuore di Milano. Hiromi Cake, già presente a Roma da poco più di un anno, non è il Giappone dei manga, del j-pop e dei cosplay. Preparatevi a un altro Giappone, uno più vicino al lifestyle di Uniqlo che ai ramen fatti in casa. Niente è di troppo in questa finestrella minimalista sul Sol Levante: lo stretto indispensabile sono chicche curate nel dettaglio ed esposte in fila come gioielli dietro uno spesso vetro protettivo.

L’angolino nipponico al 52 di Viale Coni Zugna (zona Solari, un quarto d’ora da Cadorna e cinque minuti da Sant’Agostino), esibisce i prodotti di quattro pasticcere che preparano tutto in un laboratorio di Roma. Le creazioni sono di due tipi: Wagashi e Yogashi – dolci tradizionali e dolci contaminati (per lo più francesi). Abbinati a italianissimi caffè o cappuccini al tè macha si possono gustare piccoli e morbidi mochi (scordatevi la gommina dura dei supermercati di Paolo Sarpi) e le soffici dorayaki, lontanissime dai “pancake giapponesi” reperibili online. Ma ci sono anche dolci compositi e graficamente più elaborati come il bocciolo tropicale Okinawa, il pandispagna glassato Daiski, le millecrepe e le rollcake fruttate. Per non parlare di tarte, cheesecake e tiramisù con ingredienti nostrani e non (provate i dolci a base di azuki, i dolci fagioli rossi diventati famosi con i film di Miyazaki). L’aspetto glossy non inganni sul contenuto: pochi zuccheri e pochi grassi sono inseriti in una preparazione largamente basata sulla lavorazione a mano.

L’idea di una pasticceria autentica lontano da casa è della giapponese Machiko Okazaki, che dopo aver aperto due noti ristoranti nella capitale italiana (è sposata con un italiano da 15 anni) ha avviato lì anche la prima bottega di lusso con la capo-pasticcera Mitsuko Takei e tre pastry-chef. Da pochi mesi quello stesso modello è approdato anche a Milano con l’aiuto degli appassionati di Giappone ed esperti di format nipponici Lorenzo Ferraboschi e Maiko Takashima. Il nome, Hiromi, è un omaggio a una gentile signora di Osaka che regalava a una piccola Machiko Okazaki dolci e sorrisi, e che lei ha voluto portare con sé dall’altra parte del mondo.

Alla pasticceria affianca le bento (pranzetti nelle scatole tradizionali proposti per pranzo) e una boutique con marmellate e biscottini. Minimaliste anche queste, s’intende. Disponibile alla consegna e aperta dalla colazione fino a tarda sera (in molti passano dopocena per una coccola e un goccio di saké), Hiromi è già un cult della caffetteria indie milanese. Arredamento in tinta e silenzio quasi perfetto confermano l’atmosfera rilassante e ricercata nel pieno stile delle tea-house più in voga in città.

Giulia Giaume

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