Il tartufo: un profumo da amatori

Domenica, 08 Dicembre 2013,
Un profumo da amatori. Questo è il tartufo. In realtà un fungo ipogeo, nasce sottoterra e vive obbligatoriamente con piante arboree simbionti, per produrre il prezioso sporocarpo: Leccio, Quercia, Tiglio, Nocciolo, Carpino nero, Rovere, Pioppo, Salice. Innamora e fa innamorare si diceva un tempo e oggi ne siamo certi grazie alla ricerca scientifica: è quella carica di profumi ferormonici che emana, che attira il fiuto dei cani opportunamente addestrati e un tempo persino dei maiali, e suscita in noi, umani, il desiderio di assaporare questi preziosi prodotti della natura. Maiali- femmina dovevano essere che, attirate dal profumo del maschio, scavavano graffiando il terreno che nascondeva il tartufo. Nelle culture umane micofile, il maiale ha avuto un ruolo fondamentale, un profondo legame d’amore tra funghi e tartufi da un lato e maiale dall’altro (non  a caso un fungo tra i migliori si chiama porcino, sembra perché i cinghiali abitatori dei boschi, ne fossero ghiotti). Il Platina, nome d’arte di Bartolomeo Sacchi, nel testo De honesta voluptate del 1474, ricorda che “ mirabile è il fiuto della scrofa di Norcia, la quale sa riconoscere il luogo in cui nascono i tartufi  e inoltre li lascia intatti quando li ha trovati, non appena il contadino le accarezza l’orecchio”. Una chiara connotazione sessuale. Talmente misterioso e avvolgente il suo profumo, che il mito faceva risalire la sua nascita a Zeus, grande amatore: sembra che un suo fulmine avesse fertilizzato il luogo dove, da allora, nacque il tartufo. “[…] Esso frutto molto prodigioso vuolsi dalli antichi caggionato dal fulmine che s'abbatte alla terra. Quasi alli fongi è parente, e tuttavia da questi disaffine per temer l'aere e la luce, e starsene ascoso, e non so farmi raggione di quelli scrittori che lo vogliono fongo affatto, si ben sub terraneo […]” scrive Messer Guglielmino Prato in un trattatello seicentesco, Il Clypeo del Gentilhuomo. Il tartufo bianco, il tuber magnatum pico, la trifola, che dalle nostre parti in Umbria si trova a Gubbio e Città di Castello, non si può produrre, sembra nasca spontaneo dove lui decide. Si raccoglie dalla tarda estate, durante tutto l’autunno fino all’inizio dell’inverno. Oltre alle regioni del Nord e del Centro Italia, si trova unicamente in Istria. Il tartufo nero pregiato di Norcia, il tuber melanosporum, è di forma globosa con peridio bruno-nero. La gleba è di colore bruno o nero-rossastro con venature chiare e sottili. Viene raccolto durante tutto il periodo invernale ed in particolare nei primi mesi dell’anno. Di questo tartufo, considerato il più pregiato tra i neri, è possibile la coltivazione in tartufaia. IL PRODOTTO I tartufi sono formati da una parete esterna, il peridio, che può essere liscio o variamente movimentato e di colore variabile dal chiaro allo scuro. La massa interna è la gleba, di colore variabile dal bianco al nero, dal rosa al marrone, e percorsa da venature più o meno ampie e ramificate che delimitano degli alveoli in cui sono immerse delle grosse cellule, gli aschi, contenenti le spore. Le caratteristiche morfologiche del peridio, della gleba, degli aschi e delle spore, sommati alle dimensioni, permettono l’identificazione delle specie di tartufo. I tartufi contengono: Acqua 82,58 - 82,80-Ceneri 1,97 - 1,70-Azoto totale 0,88 - 0,87-Azoto non proteico 0,23 - 0,14-Proteine 4,13 - 4,50-Lipidi 2,08 - 1,90-Glucidi Solubili 0,36 - 0,17- Fibra alimentare 8,43 - 8,13. Del tartufo, composto quindi per la maggior parte di acqua, apprezziamo soprattutto il profumo che regala alle nostre vivande. Mentre il tartufo bianco è utilizzato crudo e tagliato a lamelle in prelibatissime preparazioni, quello nero, non da meno pregiato, resiste molto bene al calore e quindi sopporta anche una breve cottura, anzi il calore ne esalta l’intenso aroma.

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