Franco Venanti

Venerdì, 06 Gennaio 2012,
 
Recentemente Marco Nicolini ha pubblicato il libro "Omaggio in Bianco e Nero a Franco Venanti" con fotografie che riassumono l'ambiente di lavoro e la vita quotidiana del pittore. Maestro Venanti, che effetto le ha fatto rivedere quelle immagini? "Questa pubblicazione è stata per me fonte di grande piacere anche perché sono state scattate delle foto in cui mi sono esibito mostrando le mie numerose collezioni che rappresentano momenti della mia vita e del mio lavoro. Le collezioni configurano il mio mondo, la mia fantasia, il piacere, il gusto, la creatività e l'evoluzione dell'uomo e costituiscono uno stimolo per la mia professione e per la mia vita. Il mio studio, che posso definire come una piccola bomboniera, è stato per molti anni una fucina di incontri e dibattiti culturali. Ho avuto il piacere di incontrare personaggi di fama come Fanfani, La Malfa, Ingrao, De Gasperi, cui ho fatto anche un ritratto, e tanti altri politici, letterati e persone emerite quali l'attrice Marta Abba, la cantante Cecilia La Gasdia e il tenore Alfredo Kraus". La pittura ha caratterizzato, e continua a farlo, tutta la sua vita professionale. Quali sono stati i maggiori successi che ricorda con più emozione? "L'arte mi ha sempre emozionato e dato entusiasmo. Come pittore sono nato precocemente. All'età di sei anni ho fatto il primo quadro, la figura di un Cristo. Anche durante il liceo ho continuato a dipingere e a disegnare. La mia prima mostra l'ho realizzata a tredici anni durante il fascismo: disegnavo ghigliottine, gente a cui veniva tagliata la testa e il popolo acclamante. Sentivo molto la reazione contro il fascismo che aleggiava in famiglia e io mi sfogavo attraverso la grafica e la pittura, dipingendo anche quadri di grosse dimensioni. La storia della mia infanzia è molto movimentata. Ero entrato nell'orbita dell'antifascismo, tanto che a tredici anni ruppi un vetro della porta d'ingresso della sede della Gestapo e fui arrestato dai nazisti insieme a mio padre". Oltre alla pittura si è occupato di tante altre attività. Come nasce la sua passione per la scrittura? "Devo premettere che non mi sento né reputo uno scrittore. Mi piace semplicemente raccontare le storie di ciò che ha gravitato intorno a me, le emozioni, gli scontri e gli incontri che ho avuto. La mia vita da ottantunenne l'ho vissuta intensamente. Ho sempre amato le donne e spero che qualcuna abbia contraccambiato. Oggi voglio molto bene a Zaira, la mia seconda moglie con cui sono sposato da trentacinque anni. Ho anche due figli, un geologo e un archeologo". L'Associazione culturale L. Bonazzi da lei istituita continua con grande entusiasmo ad organizzare eventi di rilievo. Con quale spirito porta avanti le attività di tale Associazione? "Nel 1963 ho fondato questa Associazione che tuttora va avanti con le sue attività e continua a darmi notevoli soddisfazioni. Mi ha permesso di conoscere tante persone, avere contatti importanti e ampliare il mio spazio mentale e culturale e la mia visione del mondo. Io non sono un gran viaggiatore ma viaggio con la fantasia. Tra poco celebreremo i cinquant'anni dell'Associazione". Di recente è stato l'ideatore e l'organizzatore di un importante evento sulla Cina. Da dove nasce l'interesse verso questa Paese emergente? E dell'Africa cosa mi vuol dire? "L'Africa e la Cina sono due realtà che non si possono disconoscere. Il mondo si sa allargando velocemente consentendo di incrementare i contatti anche con realtà e popoli di cui prima conoscevamo poco. Queste nuove dinamiche metteranno in crisi la vecchia società occidentale di cui stiamo assistendo impotenti alla sua decadenza. Auspico tuttavia la formazione di una società migliore dove ci sia la possibilità di vivere tranquilli e dove si rispettino i diritti degli altri. Non credo nel pacifismo perché la vita non è basata sulla lotta armata ma sullo scontro di idee e di opinioni, che però spesso possono sfociare nella violenza, dato che l'uomo non è un essere perfetto".

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