Tecnologia e difesa dell’ambiente

Sabato, 21 Marzo 2015,
Non esiste, ovviamente, una tecnologia intrinsecamente “buona” contrapposta a una “cattiva”. É solo l’uomo a determinarne gli effetti, fin da quando un nostro lontanissimo progenitore scoprì, nel Paleolitico, la tecnica per accendere il fuoco. Con il fuoco ci si riscaldava, si tenevano lontani gli animali predatori, si creavano i primi semplici utensili e, naturalmente, armi più micidiali. Oggi quel lontano dualismo, estremizzato all’infinito, si ripropone sotto mille forme; basti pensare, tanto per banalizzare, all’energia nucleare. Veniamo all’Umbria: sappiamo che è un territorio soggetto a rischio sismico, tutti ricordiamo i terremoti del 1984 e 1997. La regione, quindi, è considerata attiva da un punto di vista tettonico. Nonostante la velocità di deformazione tettonica della catena appenninica sia senz’altro inferiore rispetto ad altre aree simicamente attive, come il Giappone e la California, l’altissima vulnerabilità del malridotto territorio umbro, insieme all’alto valore storico e culturale dei suoi antichi paesi, fa sì che anche magnitudo moderate possano scatenare veri e propri disastri, come evidenziato dal terremoto che ha colpito L’Aquila nel 2009. Assume pertanto particolare rilievo la notizia che negli ultimi anni i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Perugia abbiano realizzato un’infrastruttura tecnologicamente all’avanguardia per il monitoraggio geofisico di dettaglio del territorio dell’Umbria settentrionale. Sono state installate decine di stazioni sismiche e geodetiche, cui si aggiungono anche 3 stazioni sismiche di profondità collocate al fondo di pozzi profondi 250 metri, capaci di migliorare la risoluzione delle osservazioni e quindi di meglio comprendere il comportamento delle strutture geologiche regionali. “Sebbene non sia possibile, allo stato delle attuali conoscenze, prevedere i terremoti – affermano gli studiosi – saremo capaci in un prossimo futuro di meglio valutare il rischio sismico dell’area e, più in generale, di arricchire le conoscenze scientifiche sulla fisica che è alla base di questo complesso fenomeno naturale”. Si è parlato molto, recentemente, del premio conferito al grattacielo milanese “Il Bosco Verticale” dall’International Highrise Award. Trattasi in realtà di due torri realizzate su progetto dell’architetto Stefano Boeri con la dichiarata ambizione di promuovere una più stretta convivenza fra uomo e natura. Le due torri sono in grado di ospitare una notevole quantità e varietà di piante, arbusti e simili (in omaggio alla biodiversità) su una superficie verde di notevole ampiezza. Secondo i realizzatori la rivoluzionaria struttura dovrebbe raggiungere importanti obiettivi come la riduzione dell’anidride carbonica, un buon isolamento termico e acustico e un quasi totale risparmio energetico grazie anche a un sistema di collettori solari. Il Bosco Verticale è stato definito il più bello del mondo in virtù del premio ricevuto e potrebbe costituire, forse, un riferimento per la nostra regione, così attenta al rispetto del verde e, più in generale, dell’ambiente. A onor del vero bisogna anche registrare numerose perplessità in ordine a una concezione tanto rivoluzionaria. I benefici sarebbero più sbandierati che concretamente calcolati e dimostrati, senza contare che i soldi del risparmio energetico sarebbero ampiamente fagocitati dalle continue spese di cura e mantenimento delle piante. Il  tutto in un contesto artificioso e innaturale che vede il connubio fra il cemento e una natura comunque sacrificata. Alcuni temono, in sostanza, la realizzazione di una sorta di zoo botanico e auspicano, in alternativa, maggiori investimenti in loco e misure amministrative atte a salvaguardare la natura lì dove è sempre stata. Si tratta di nostalgici ormai superati dal moderno che avanza inesorabile? Forse, ma meritano ascolto e considerazione.