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Giovedì, 02 Ottobre 2014,
Perugia, con i suoi vicoli stretti e bui è di certo il luogo ideale per compiere un omicidio e restare impuniti. Non la pensa così il commissario Mario Serafino, ormai un'icona del giallo perugino per la collana “Perugia Mistery”. Il fascino di questo investigatore pragmatico, accurato e razionale lo si deve al suo ideatore Santi Parlagreco. Le smanie della villeggiatura” di Goldoni è la rappresentazione teatrale intorno a cui si svolge la vicenda di questo giallo, Sipario Rosso. Il luogo del misfatto è lo splendido teatro Morlacchi, negli scantinati del quale viene ritrovato il cadavere di una donna. All'interno del libro è anche presente una galleria fotografica con cui si rende omaggio alle bellezze del teatro. L'editore Sarapar ha reso disponibile anche una traduzione in rumeno, Cortina Roşie, grazie alla collaborazione della traduttrice Silvica Gobej. Le Fiabe Umbre si incentra su libere rielaborazioni di frammenti leggendari tramandate a voce. L'autore Donato Loscalzo si impegna a mettere su carta animali e personaggi mitici, dei e ninfe, tutti personificati secondo le canoniche regole fiabesche accomunate dallo scopo didattico, facendo ricredere chi pensava che l'Umbria ne fosse sprovvista. Per lunghi secoli le fiabe sono state tramandate oralmente ed ogni volta l'intrattenitore di turno non si esimeva dall' “imbrogliare” le carte secondo i suoi gusti e le sue propensioni teatrali. Di origine popolare, queste raccontano alcuni aspetti della vita reale, così come fecero le fiabe con i celeberrimi protagonisti Pollicino, Cenerentola o Biancaneve per citarne solo alcuni. Quando si tramandavano tali storie, in Umbria si cantavano laude e le rappresentazioni erano sempre a tema religioso. Nel 1956 Italo Calvino pubblicò un libro in cui raccolse la tradizione delle fiabe italiane escludendo l'Umbria per i motivi succitati. Morlacchi Editore. Walter Corelli, nel suo libro La veridica e fantasiosa storia del brigante Cinicchia, narra le gesta del brigante Nazzareno Guglielmi, che nel 1847 lavorò nel convento romano di San Cosimo e Damiano per curare l'orto e la vigna. Fu proprio dai frati di questo convento che sentì le gesta del brigante romagnolo detto il Passatore. Colmo di ammirazione per questi si arruolò nell'esercito di volontari della Repubblica Romana al seguito di Giuseppe Garibaldi. Dopo la dissoluzione della Repubblica Romana tornò ad Assisi, dove in seguito a situazioni rocambolesche finì in carcere. Le successive evasioni lo costrinsero al brigantaggio, che durò almeno 4 anni. A dispetto degli sporadici casi di altruismo in cui il brigante si ergeva a paladino della giustizia in difesa dei più bisognosi, Cinicchio, fu un criminale feroce e senza scrupoli. La sua influenza fu spesso utilizzata da persone altolocate per i loro subdoli giochi di potere fino a quando non divenne un personaggio scomodo anche per loro. Cinicchio fuggì così in Argentina come sostiene con certezza l'autore nel suo libro Protagon Editore.