Brasile 2014: luci e ombre di un mondiale incredibile

Martedì, 29 Luglio 2014,
In un tempo non troppo lontano c’era il Brasile di Lula, il polmone del mondo intero, una dispensa alimentare, il più ricco di opportunità per le industrie e settima potenza economica assoluta: un eldorado per gli investimenti. Ma il miracolo di Lula sembra essersi dissolto in una bolla di sapone: mentre il PIL ristagna il malcontento aumenta, ciò che sembrava progresso ora appare come un subdolo equivoco. I crediti facilitati per comprare auto e frigoriferi hanno aumentato il consumo di beni ma questi non hanno alimentato la crescita né le coscienze. “Fame Zero”, il progetto di Lula, ha ceduto il passo a “Borsa Famiglia” del suo successore Dilma Rousseff: tra i due c’è la stessa differenza che intercorre tra emancipazione e assistenza. Un conto è fare le riforme – politiche, agrarie – mirate all’autosufficienza degli individui, un altro è dar loro un sussidio da cui poi inevitabilmente dipenderanno. Insomma, sembra che il progetto di Paese sia diventato un progetto di potere. E questo appare più evidente se si considera l’enorme business dei mondiali: i 15 miliardi di dollari spesi per la manifestazione, l’85% dei quali derivanti da fondi pubblici, hanno sottolineato le carenze sistemiche di un paese che è il terzo al mondo per disuguaglianze sociali. Da sempre, i mondiali di calcio hanno agito come moltiplicatore per l’economia del paese ospitante ma l’edizione brasiliana rischia di essere ricordato per aver accentuato le debolezze del paese. Il boom di turisti e la stagione estiva hanno fatto esplodere i prezzi e per questo, gran parte dei visitatori venuti per la kermesse calcistica è andata al risparmio. Ma se loro sono solo di passaggio, i brasiliani devono fare i conti seriamente con l’inflazione. L’aumento dei prezzi alimentari e delle tariffe energetiche sono state all’origine delle proteste di piazza. Il popolo ce l’ha con il governo, reo di aver speso cifre assurde per gli stadi senza fronteggiare a dovere problemi che da tempo colpiscono il paese. Ciò che ha fatto crescere la rabbia nel popolo brasiliano è sotto gli occhi di tutti: corruzione, inflazione, carenze nell’educazione e nella sanità. Romario, attaccante e astro della nazionale brasiliana campione del mondo a USA 94’, oggi deputato socialista, lo dice senza giri di parole: “Si arricchiscono con il mondiale e derubano la gente”. I tifosi sono divisi: da una parte vorrebbero protestare contro la corruzione e i sovraccosti delle opere, dall’altra tifare comunque. I biglietti sono costati un occhio della testa e sono in pochi se non nessuno a poterselo permettere. In un paese abituato a considerare le condizioni di vita un disegno del destino, le proteste sociali appaiono come un sintomo inequivocabile delle condizioni del paese. In eredità rimangono dodici splendidi stadi, non tutti ultimati: oltre ad aver generato corruzione, talvolta sono stati anche fonte di danni ambientali più che di riqualificazione. E purtroppo hanno creato pochissimi posti di lavoro duraturi; più disoccupazione che indotto, come dire: dopo la sbornia mondiale si torna alla desolante normalità. Ma i mondiali ci sono solo una volta ogni quattro anni e quando gioca il Brasile è festa nazionale, non si lavora nemmeno negli uffici pubblici. Nonostante tutto, questo splendido paese ci ha accolto con il sorriso e la gioia di vivere che li contraddistingue, certi che in un futuro non troppo lontano le cose cambieranno. In fondo basta un solo sguardo rivolto verso l’alto, verso il Cristo redentore che accoglie tutti a braccia aperte, perché l’animo si riconcili.