La diffusione dell’ “arte nova” in Umbria

Mercoledì, 09 Aprile 2014,
Nel percorso storico dell’umanità alcuni avvenimenti rivoluzionari, destinati a innovare radicalmente la storia della civiltà, vengono assunti dagli storici come spartiacque fra due diverse epoche. La transizione fra Medioevo e Rinascimento può a buon diritto essere rappresentata dall’invenzione della stampa a caratteri mobili dovuta all’orafo di Magonza Johan Gutenberg nel 1455. Nella rivoluzione culturale e sociale che ne è conseguita l’Umbria riveste un ruolo non secondario. Storica è la data dell’11 Aprile 1472, quando viene realizzata a Foligno la prima copia della Divina Commedia, primo libro stampato in Italia in lingua italiana, ad opera di Johan Numeister, allievo di Gutenberg, insieme a Evangelista Angelini di Trevi con la collaborazione dell’orafo folignate Emiliano Orfini. La carta fu fornita dai monaci benedettini che dal 1256 al 1484 gestirono in proprio le cartiere di Pale e Belfiore. La carta fu esaminata dal Numeister più volte e venne prodotta secondo apposite specifiche. Nel Rinascimento, con la riscoperta dei classici greci e latini, vi è un notevole sviluppo dell’ ”arte nova” o “arte miracolosa”, come veniva definita la stampa. Anche in Umbria aumentano le stamperie che qui lavorano soprattutto per la Chiesa e le magistrature italiane. Una curiosità forse non nota a tutti: nel 1761 la tipografia Mariotti di Foligno dà per la prima volta alle stampe il Barbanera, un lunario che dispensa consigli agli agricoltori, proverbi, previsioni del tempo, elenco delle festività, delle fiere e dei mercati. Il Barbanera conosce una diffusione nazionale e ancora oggi, dopo due secoli e mezzo, ha notevoli tirature. É nell’Alta Umbria, comunque, che l’ “arte nova” assume una dimensione di rilievo assoluto. Nel 1538 a Città di Castello, su incarico dei Priori cittadini, tre stampatori ambulanti compongono il liber statutorum Civitatis Castelli, vale a dire gli statuti che riportano le leggi, le regole e le gabelle applicate. Sotto il titolo è una xilografia, un’incisione in legno che rappresenta un castello sovrastato dai santi Florido e Amanzio, protettori della città. Dopo circa un secolo dal passaggio dei tre stampatori ambulanti cominciano a svolgere la propria attività piccole stamperie stabili che lavorano prevalentemente per la municipalità, per la Chiesa locale e per le occasionali pubblicazioni dei poeti e degli eruditi della zona. La loro diffusione è favorita anche dagli scarsi collegamenti dell’Umbria che rendono difficili gli spostamenti nelle città maggiormente attrezzate per la stampa; ma, pur limitandosi a dare una risposta ai bisogni tipografici locali, i maestri artigiani avviano una tradizione destinata a lasciare un segno. Tra le decine di stamperie operanti dal XVI al XX secolo una citazione particolare merita la “Scipione Lapi” fondata nel 1872. Qui sono stati stampati migliaia di libri delle edizioni “Dante Alighieri” e numerosi classici della letteratura latina e greca. Qui hanno lavorato alle edizioni delle loro opere letterati come Raffaele De Cesare e Giosuè Carducci. Oggi, a circa cinque secoli dalla stampa degli Statuti, il comparto grafico dell’Alta Umbria rappresenta uno dei volani dell’economia locale: i dati disponibili al 2007 riferiscono l’attività di circa 150 aziende di piccole e medie dimensioni con più di 1300 occupati e un fatturato che nell’anno di riferimento ha superato i 115 milioni di euro, di cui il 10% derivato dal mercato europeo e il 6% da quello extracomunitario. L’eloquenza dei dati individua nell’Alto Tevere Umbro un territorio che vanta la più alta concentrazione di aziende grafiche al mondo.