Evergreen. Verdi evoluzioni

Lunedì, 06 Febbraio 2017,
 
Chi sia ultimamente entrato in una delle librerie delle nostre città si sarà probabilmente imbattuto nelle sezioni che ospitano la recente collana editoriale dedicata ai libri da colorare: una serie destinata a offrire tecniche di rilassamento per un pubblico adulto, costituita da album da campire a partire da immagini dai contorni ben definiti raffiguranti perlopiù forme animali e naturali. È stata forse la familiarità del titolo con quello del noto romanzo per ragazzi di Frances Hodgson Burnett a far sì che tra questi catturasse la mia attenzione Il giardino segreto (elaborato dall’illustratrice Johanna Basford) il cui sottotitolo, Giochi in punta di pennino, denuncia l’atteggiamento cauto e l’effetto consolatorio derivante dal colorare forme note e ripetute dando luogo a immagini consolidate nel nostro immaginario. Da questo punto di vista la scelta del tema non appare casuale se ricondotta all’intimità che storicamente caratterizza il rapporto che l’uomo instaura con il giardino (e più in generale con l’ambiente naturale), configurandosi come spazio protetto riservato alla contemplazione estetica e alla riflessione: luogo sacro nell’antichità, di meditazione durante il medioevo, di meraviglia a partire dal rinascimento. Un’intimità interrotta dai processi di inurbamento tipici della città ottocentesca, a partire dai quali viene segnato il passaggio dalla condizione privata a quella pubblica degli spazi verdi progettati a servizio della comunità con usi sempre più rivolti al benessere collettivo. In questo contesto il bisogno di un rapporto individuale con l’ambiente naturale all’interno delle prime metropoli porta al progetto di una natura simulata, a cui si richiede la costruzione di artifici (quali belvedere, gazebo, ponti pedonali) destinati a stabilire un rapporto visuale, estetico ed emozionale con il paesaggio.  La progettazione degli spazi verdi subisce in questo senso una trasformazione concettuale legata al nuovo tipo di fruizione, passando da un’intima staticità a una narrazione dinamica e offrendo una complessa pluralità dal punto di vista semantico, tecnico, materico e funzionale che non ha nulla da invidiare alla più tradizionale progettazione architettonica. Come suggerito peraltro dalla divertente suggestione firmata da Will Alsop, in cui il fitto tessuto urbano di Barcellona viene rotto da una natura che con prepotente ironia irrompe e domina l’edificato circostante. Forse, allora, il giardino segreto con il quale la città contemporanea tende a confrontarsi è più simile ai Secret Gardens ideati dal fiorentino Giacomo Costa, in cui la natura esce dai propri confini dando luogo a una realtà altra dove la mente trova rifugio e in cui il senso di meraviglia risiede nelle imprevedibili possibilità di immaginazione e di senso che ne derivano. Giovanna Ramaccini