Tintoretto il terremotato

Domenica, 05 Febbraio 2017,
Arte,
Chi avrebbe mai immaginato che dopo quasi quattro secoli e mezzo l’opera di Jacopo Robusti, conservata nella chiesa cinquecentesca di Santa Maria delle Vergini a Macerata, acquisisse la critica e delicata condizione di “terremotato”? L’ultimo devastante sisma cha ha scosso l’intero Centro Italia ha messo in serio pericolo lo stato di conservazione della pregiatissima pala del pittore veneto, che si trovava nella Cappella Ferri, nella storica e maestosa chiesa a pianta greca, edificata proprio in pieno Rinascimento nel capoluogo di provincia marchigiano. Ma chi era Jacopo Robusti? A cosa deve la sua fama e perché l’Adorazione dei Magi, pur essendo considerata un’opera secondaria, è così importante? Jacopo Robusti è riconosciuto universalmente col suo celeberrimo ed originale soprannome “Tintoretto”, che deriva dal lavoro svolto dal padre Giovanni Battista, commerciante di tinte per la seta. Attraverso la diffusione sempre più ampia della stampa, nel 1530 circa, il giovanissimo Jacopo s’innamora dei capolavori di Michelangelo e Raffaello e ammira personalmente i grandiosi affreschi di Giulio Romano. Forse la sua scelta d’intraprendere la carriera del pittore sarà stata tormentata e sofferta, forse no, fatto sta che poche informazioni sono giunte sino a noi della sua prima giovinezza. Però ci è dato conoscere che sicuramente fu allievo del sublime Tiziano, maestro per cui lavorò solo per qualche giorno, giacché fu cacciato per timore della sua straordinaria bravura, che lo avrebbe reso degno rivale dei migliori artisti suoi coevi. Tintoretto aveva una pittura unica: arrivava quasi ai limiti della dissolvenza della luce, evocando un senso di incompiuto. Fu potente e velocissimo narratore e l’opera che incoronò il suo nome nell’olimpo degli artisti fu lo strepitoso e surreale dipinto del Miracolo dello Schiavo liberato da San Marco; un’intuizione scenografica unica mista ad una visione instabile e ad una impressione cinematografica scrosciante. Si racconta la di lui ben nota spregiudicata velocità d’esecuzione, tanto da valergli l’appellativo “Il Furioso”. L’aretino nei suoi riguardi affermò che “dipinge in men spazio di tempo”, questo perché la luce in Tintoretto assume un ritmo vorticoso, con i suoi precisi tempi di movimento, scanditi dall’intensificazione dei chiaro – scuri. La luce tintorettesca annulla lo spazio, arrivando quasi ad annientarlo, e sublima la prospettiva, che assume tratti personalissimi, avviluppando interamente la percezione visiva dell’interlocutore attraverso lo svuotamento dello spazio. Le sue opere sono potenti e piene di trasfigurazioni evocative, che surclassano prepotentemente la plasticità fino ad allora concepita. La formazione principalmente e puramente manieristica maturata dal Robusti non influisce più di tanto sullo sviluppo della sua tecnica, giacché esce quasi subito dai canoni del tardo Rinascimento, facendo progredire e crescere la pittura veneta, portandola a livelli mai raggiunti prima. Il pittore “Furioso” veleggia libero tra rarefatte profondità dai toni sordi e bassi, accennando senza descrivere chiaramente  visioni tormentate, drammatiche e agitate e avvalendosi degli elevati giochi luministici, che causano stupore e sorpresa nella maniera più sensazionale e teatrale immaginabile. Rispetto a Michelangelo ha una pittura assai più sciolta, corsiva, con pennellate dai tratti duri, incisivi e rapidissimi. Diviene possibile misurare la meraviglia che pervade l’animo degli spettatori, perché i tempi scenici sono scanditi minuziosamente e parte da protagonista la gioca il colore, che acquisisce una propria tensione interna, scaturita ineluttabilmente dall’autenticità dei sentimenti impressi. Il carattere profondamente cristiano, decisamente da indicizzare al tempo in cui visse, rivela un’intensità quasi da parossismo. Le immagini diventano visioni, i personaggi trapelano ognuno il proprio carattere, viva e palpabile appare la presenza di ogni dettaglio, anche del più sbiadito; come una vera rappresentazione teatrale le opere del Tintoretto echeggiano di voci, suoni, odori, sapori e, ovviamente, di sfumature di colori. Dell’Adorazione ne esistono due versioni: quella dei Magi, conservata a Macerata e quella dei Pastori, custodita nella Scuola Grande di San Rocco a Venezia. Rimetto alla vostra curiosità le differenze stilistiche e concettuali dei tre dipinti riportati in foto. La chiave di lettura è “fuori dagli schemi”. Carlo Trecciola