Riscaldamento globale e cambiamenti climatici

Giovedì, 12 Maggio 2016,
Estate 2003, il primo segnale drammaticamente avvertito dalla popolazione in Europa che qualcosa di importante stava accadendo al clima. Dopo una primavera particolarmente avara di precipitazioni le temperature schizzano per quattro mesi consecutivi a valori mai registrati in precedenza negli ultimi secoli. Le piogge sono praticamente azzerate, con conseguente grave crisi idrica su scala continentale. I dati sulla mortalità dei soggetti a rischio, anziani, bambini, malati affetti da patologie croniche di varia natura si impennano oltre ogni limite con 35.000 morti in più rispetto alla media stagionale. Nel 2010 si replica in Russia, dove Mosca rimane a lungo pericolosamente assediata da vasti incendi generatisi per autocombustione. L’ovvia domanda a questo punto è: cosa sta succedendo al clima e quali ne sono le cause? In questo contesto le attività umane responsabili delle emissioni di enormi quantità di gas serra nell’atmosfera sono le principali indiziate, anche se non le uniche. La domanda è semplice, nella sua drammatica urgenza, ma le possibili risposte della scienza non lo sono altrettanto. Il “global warming” o riscaldamento globale sembra essere un dato incontestabile. Sulle effettive cause, invece, si discute, dal momento che non è stato possibile elaborare a tutt’oggi un modello matematico affidabile che identifichi in modo certo i parametri implicati nella determinazione del clima e ne quantifichi le rispettive influenze. Inevitabilmente la mancanza di certezze scientifiche ha portato a una sorta di “ideologizzazione”del dibattito fra gli addetti ai lavori che vede i “catastrofisti” fieramente opposti ai ”negazionisti”. Tra questi ultimi va annoverato, per amore di verità, lo scienziato Kary Mullis, premio Nobel per la chimica. É da ritenersi autorevole, anche se non universalmente condiviso, il parere espresso nell’ultimo rapporto di valutazione dell’IPCC (Intergovernmental panel on climate change) su mandato delle Nazioni Unite. Il rapporto pone in evidenza i cambiamenti climatici più significativi intervenuti in particolare negli ultimi decenni e formula alcune previsioni in ordine a possibili scenari futuri. Il rapporto afferma esplicitamente: “É estremamente probabile che più della metà dell’aumento della temperatura superficiale dal 1951 al 2010 sia stato provocato dall’effetto delle attività dell’uomo”. Gli ultimi tre decenni, dal 1983, sono stati i più caldi dal 1850, da quando cioè sono iniziate le misurazioni a livello globale. In base, poi, alle analisi dei record paleoclimatici il trentennio citato è stato probabilmente il più caldo degli ultimi 1400 anni. Dal 1950 sono stati osservati cambiamenti negli eventi estremi meteorologici e climatici. In vaste aree dell’Europa, Asia e Australia la frequenza delle ondate di calore è probabilmente aumentata. Altro fenomeno preoccupante è la cosiddetta “acidificazione oceanica” causata dall’assorbimento da parte degli oceani di CO2 di origine antropogenetica. Dall’inizio dell’era industriale si stima che la suddetta acidificazione sia aumentata del 26%.  Nel periodo 1971 -2010, inoltre si è manifestato un incremento accentuato del riscaldamento oceanico, in ragione di 0,11 gradi per decennio nei primi 75 metri. Il rapporto IPCC riporta, poi, dati preoccupanti relativi all’innalzamento del livello globale marino medio ( con i connessi pericoli per gli insediamenti costieri), alla sensibile riduzione dei ghiacci in tutto il Pianeta e alla concentrazione atmosferica globale del gas serra CO2, aumentata del 40% dal 1750 ad oggi. Quale futuro ci si prospetta? Secondo il rapporto IPCC le emissioni di gas serra che continuano a crescere provocheranno un ulteriore riscaldamento. Questo causerà cambiamenti nella temperatura dell’aria e degli oceani, nel ciclo dell’acqua, nel livello dei mari, in alcuni eventi estremi e nell’acidificazione oceanica. Molti di questi cambiamenti persisteranno per secoli. Se l’attuale trend di emissione di gas serra rimarrà inalterato l’incremento di temperatura globale superficiale della Terra potrebbe raggiungere i 5 gradi alla fine di questo secolo, con effetti devastanti sull’intero ecosistema del nostro Pianeta. La possibile difesa contro questo scenario apocalittico è estremamente semplice da enunciare e altrettanto difficile da realizzare, in considerazione dell’insufficiente sensibilità presente nelle nazioni maggiormente responsabili dell’inquinamento. Le emissioni di CO2 e degli altri gas serra dovranno essere sostanzialmente ridotte per tentare almeno di contenere il riscaldamento globale entro 2 gradi rispetto al livello pre-industriale.